«Io, transgender discriminata sul lavoro»
PORTOGRUARO. Discriminata perché anagraficamente uomo, ma in un corpo di donna. È la storia raccontata da una transgender di 23 anni che vive nel Portogruarese e che dice di essere stata costretta a licenziarsi dalla cooperativa di pulizie in cui lavorava, a causa della sua apperente “diversità” fisica e psicologica.
Molestie, insulti, attacchi, fino al punto di metterle davanti la lettera di dimissioni perché se ne andasse via. Il gruppo Lgbt prende le sue difese e denuncia una storia di ansie e stress continui, che potrebbe presto avere risvolti giuridici perché lei vuole raccontare tutto e tutelarsi, quindi chiedere il rispetto dei suoi diritti. La ventitreenne, conosciuta con il nome di “Diva” è a tutti gli effetti una bella ragazza, con un seno naturale, vestita in modo elegante e femminile. Ma i suoi organi genitali sono maschili. «Ho subito di tutto», racconta Diva, «al lavoro mi hanno mobbizzata, offesa, sempre sotto pressione per la mia situazione, molestata, alla fine costretta a licenziarmi dopo che la situazione era divenuta insostenibile. Chiedo solo di essere rispettata come persona e lavoratrice. In passato ho subìto altre ingiustizie, come quando mi trovavo in cura al reparto di psichiatria e stavo facendo delle terapie ormonali. Un’infermiera ha detto a mia madre che ero un transessuale e ha violato la mia privacy». La cooperativa in questione al momento non si esprime: sono tanti i responsabili che si occupano di diversi settori d’intervento e dei dipendenti. E ieri non era presente quello che ha seguito la situazione di Diva.
Il gruppo di Lgbt, gay lesbiche, omosessuali e trans del Veneto Orientale difende, però, la ventitreenne. «La ragazza sappiamo che ha chiesto aiuto a tutti i servizi sociali che conoscono il suo caso», rilevano i portavoce di Lgbt-Veneto Orientale, «e questi si stanno impegnando per risolvere la questione lavorativa e sociale della giovane. Però lei è rammaricata e delusa perché non può farsi una vita normale come tutte le persone. Purtroppo ci troviamo a dover parlare ancora di discriminazioni per gusti sessuali e per modi di vestirsi, in un Veneto purtroppo ancora ottuso e bigotto riguardo a certi temi delicati. Pensiamo che chiunque possa aver un proprio pensiero sull'argomento, ma nessuno ha il diritto di violare la libertà delle persone. Chiediamo a tutti i Comuni per l’ennesima volta di aprire con noi tavoli di discussione per la prevenzione di quelli che possiamo considerare dei crimini.
«Purtroppo», aggiungono amareggiati, «evidenziamo che di casi simili nel Veneto Orientale se ne presentano molto spesso. Dobbiamo una volta per tutte, assieme alle istituzioni, stimolare campagne di sensibilizzazione mirate e capillari. Lanciamo un appello a chiunque affinché la nostra amica possa trovar un posto di lavoro, senza essere nè discriminata nè insultata».
Giovanni Cagnassi
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