«Io ho visto», studenti emozionati dalla testimonianza dei sopravvissuti
MESTRE. La voce dell’attrice Pamela Villoresi risuona al teatro Toniolo e fa rivivere i volti, le rughe, l’anima calpestata delle trenta persone che hanno accettato di mettersi a nudo e farsi raccontare nel volume “Io ho visto”, del giornalista e scrittore Pier Vittorio Buffa (364 pagine, edizioni Nutrimenti). È successo ieri mattina al Toniolo davanti a centinaia di studenti. Parole intense, che scavano per trasmettere la voglia di non dimenticare una delle pagine più nere del passato recente, le stragi del 1943-1944-1945, gli anni della “terza guerra in Italia», quella dei nazisti contro la popolazione indifesa.
Sul palco lo scrittore, giornalista (è stato vicedirettore della Nuova) e fotografo al suo quarto libro, a rispondere alle domande dei 440 studenti dei licei Bruno, Franchetti, Stefanini e Benedetti, che quelle storie le avevano solo lette sui libri di scuola.
A moderare l’incontro e introdurre il giovane pubblico nel periodo storico inquadrato, Antonello Francica, vicedirettore dei quotidiani veneti della Finegil. I protagonisti veri però, sono stati loro, Cesira Pardini, sopravvissuta alla strage di Sant’Anna di Stazzema, che ricorda con dettagli e particolari che impressionano il sangue che usciva dal cervello della madre, la sorellina di venti giorni massacrata dalle pallottole. Cornelia Paselli, 19 anni all’epoca, una dei cinque sopravvissuti dell’eccidio del cimitero di Casaglia, mentre usa il cappottino nuovo per legare le gambe della mamma ferita, Liliana del Monte Manfedi che a 11 anni nella strage della Bettola ha perso la madre e i nonni. E Norma che riconosce il padre, bruciato dai vestiti, aprendo le bare una ad una: non riesce a dimenticare l’odore di carne umana che sentiva nell’aria.
In sala il vicesindaco Sandro Simionato e l’assessore Gianfranco Bettin. Tante le domande dei ragazzi, che hanno fatto toccare all’autore tematiche scottanti, come quella dei processi, delle condanne mai eseguite, della differenza e commistione tra la realtà storica e quella percepita, delle colpe imputate ai partigiani e del collegamento con le guerre di oggi.
Gli studenti hanno voluto conoscere l’evoluzione del libro, l’indagine che ha portato all’individuazione dei superstiti e alla loro testimonianza, ma anche cos’ha lasciato nel cuore dello scrittore giornalista e della moglie che con lui ha riportato a galla la storia, rendendola viva a distanza di settant’anni, tanta sofferenza. «Ha ancora fiducia nel genere umano?» ha domandato un ragazzo: «Siamo usciti da questi incontri con spiragli di luce», ha riposto l’autore. «Se persone che hanno vissuto ciò si sono ricostruite una vita, allora possiamo farcela anche noi ad affrontare problemi di ogni giorno. Non sono interviste, sono incontri: ho scritto e dato parola e voce anche a ciò che non hanno espresso. Ho cercato di restituire quanto avevo visto in loro, imparando ad ascoltare, e a volte delicatamente cercare di andare oltre a quello che raccontavano spontaneamente, qualcuno per immagini, altri con dettagli». «È bellissimo vedere questa platea di giovani», ha detto Francica, «ci trasmette con ancora maggior vigore l’obbligo di conservare la memoria». “Io ho visto” non è solo un libro, ma un progetto, per saperne di più basta entrare nel sito www.iohovisto.it.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia