«Innocente, con l’omicidio non c’entro»
«Sono innocente, io con l’omicidio non c’entro». Questa l’unica frase che Monica Busetto ha pronunciato ieri davanti al giudice Barbara Lancieri, il giudice che ha firmato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei suoi confronti. Poi è tornata nella sua cella della Giudecca. A consigliarle di non parlare sono stati i suoi difensori, gli avvocati Alessandro Doglioni e Stefano Busetto, a favore dei quali già immediatamente dopo l’interrogatorio sono stati messi a disposizione gli atti dell’inchiesta. Evidentemente i due legali vogliono conoscere prove e indizi sulla base dei quali il pubblico ministero Federico Bressan ha chiesto l’arresto della vicina di casa di Lidia Taffi Pamio, la donna di 87 anni uccisa con quaranta coltellate il 20 dicembre 2012 nell sua abitazione di viale Vespucci. Insomma vogliono avere il quadro preciso delle accuse per decidere la linea difensiva.
C’è un’unica vera prova contro di lei, senza la quale gli altri indizi raccolti con le intercettazioni telefoniche conterebbero poco: quella collanina d’oro rotta perché strappata dal collo dell’anziana e trovata nel portagioie dell’indagata. I poliziotti della Scientifica l’hanno smontata e hanno trovato il dna (probabilmente c’erano microscopici pezzi di pelle rimasti attaccati) della Pamio.
Monica Busetto avrebbe usato i guanti per uccidere la vicina, avrebbe poi gettato pantofole e altri indumenti che indossava quel pomeriggio, ha gettato anche il tappettino e ha ripulito casa sua a fondo. Unico errore, tenersi quella collanina, appeso alla quale c’era un medaglietta e una fede, la prima trovata sotto il cadavere, la seconda accanto. Il giudice le ha contestato l’omicidio volontario aggravato per aver commesso il fatto per motivi futili (spesso litigavano per le foglie cadute sul pianerottolo dalle piante dell’anziana) e per aver agito con crudeltà. Nell’ordinanza il magistrato descrive come è avvenuto l’omicidio: «Una condotta particolarmente efferata al punto da impiegare vari strumenti per condurre alla morte l’anziana: prima con colpi inferti con uno schiaccianoci, poi con due coltelli e infine anche con un cavo elettrico... condotte che denotano una furia cieca e non controllabile». Per il giudice si tratta «di un’azione violentissima che sembra completamente disgiunta da motivi concreti che l’abbiano determinata e più legata ad uno scatto d’ira, cui l’indagata pare andasse soggetta».
Una valutazione che potrebbe essere utilizzata dalla difesa, nel momento in cui gli avvocati decidessero di far confessare Monica Busetto, chiedendo una perizia psichiatrica puntando alla semi infermità mentale. In questo caso scatterebbe lo sconto di un terzo sulla pena che, se aggiunto ad un altro terzo in caso di richiesta di rito abbreviato, terrebbe lontana la pena dell’ergastolo o comunque un pena superiore ai 24 anni, che l’indagata rischia.
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