Infarto al ristorante, muore architetto di 49 anni

Giorgio Serracchiani, appassionato di cultura ebraica, seguiva il padiglione di Israele per la Biennale. «Un vero intellettuale»

VENEZIA. In un soffio la vita di Giorgio Serracchiani è finita. L’architetto di 49 anni, appena compiuti, padovano e di casa a Venezia, è morto mercoledì sulle 13 per un improvviso infarto.

L’uomo si trovava nella Trattoria Rivetta a San Marco con un amico, ma non ha fatto nemmeno in tempo a sedersi al tavolo che è crollato all’istante. A nulla sono serviti la manovra di salvataggio bocca a bocca di una donna presente, il massaggio cardiaco dell’amico e il successivo pronto intervento del Suem che ha cercato per quasi due ore di riportarlo in vita.

Il pm di turno Raffaele Incardona ha disposto l’autopsia per capire quali possano essere le cause del malore che ha letteralmente fulminato l’architetto che da sempre praticava attività fisica come il pugilato, il karate e, negli ultimi anni, anche lo yoga. La sera prima aveva svolto un allenamento intenso di box. Serracchiani aveva mille interessi, inclusa la musica – in passato suonava il sassofono – e la cultura ebraica. Da venti anni Serracchiani era infatti l’architetto del Padiglione Israele che seguiva per ogni Biennale di Venezia.

Gli amici più stretti ricordano Giorgio, padre di due figli di 10 e 7 anni e marito dell’architetto Caterina Vignaduzzo, come un vero intellettuale. «Lo conosco da quando era ancora studente. Caterina, sua moglie, lavorava già per noi e mi aveva fatto conoscere Giorgio che poi aveva fatto la tesi sul nostro Padiglione» racconta Arad Turgeman, commissario del Padiglione Israele, «Era un padre esemplare, innamorato della compagna dai tempi dell’Università di Architettura Iuav, un marito devoto e un architetto geniale. Quest’anno non avrebbe lavorato ufficialmente per il Padiglione, ma in realtà ci lavorava sempre perché volevamo sempre avere il suo parere data la stima che tutti noi avevamo per lui e per l’occhio fine di architetto che aveva».

Serracchiani, lontano parente della già presidente del Friuli, Debora, aveva perso entrambi i genitori negli ultimi anni. Aveva lavorato in alcuni studi di architettura, ma poi si era messo in proprio. Frequentava Venezia, città dove aveva studiato e conosciuto la donna della sua vita e dove ritornava spesso perché aveva tanti amici.

«Giorgio era dotato di un invidiabile senso dell’umorismo», ricorda l’architetto e amico Lorenzo Pesola, «Sempre divertente e con un sorriso contagioso, trattava questioni anche gravi con ironia. Era musicista e il suono del suo sax è stato ingiustamente interrotto. Mi si stringe il cuore pensando con sconfinato affetto alla sua famiglia perché il suo vuoto è impossibile da colmare».

Il malore avviene mercoledì 13 sulle 13 alla Rivetta. Serracchiani entra in trattoria con un amico, ma riconosce a un tavolo delle signore israeliane. Si avvicina per salutarle, scambia qualche parola in ebraico. Poi si allontana per sedersi al suo posto, ma non appena si siede crolla. Era un vero intellettuale», conclude Turgeman «Modesto, ma brillante. Aveva una cultura vastissima e sapeva stare con tutti. Giorgio era un uomo libero, uno dei pochi veri uomini rimasti». —


 

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia