Incubo in Thailandia, turista arrestato

Chioggia. «In prigione per delle pastiglie di Xanax, ho pagato la cauzione e sono stato liberato dopo un processo farsa»
Di Elisabetta B. Anzoletti

CHIOGGIA. Contesta il conto della camera, sporca e piena di pulci, e finisce in galera con l’accusa di detenzione di droga. In pochi istanti la vacanza in Thailandia di un libero professionista di Chioggia, D.P., 47 anni, partito per una vacanza di due settimane con la compagna e una coppia di amici, si è trasformata in un incubo. La polizia lo ha arrestato perché dentro il passaporto teneva qualche pastiglia di Xanax, utilizzato per dormire durante il lungo viaggio in aereo, accusandolo di possesso di droga. Il farmaco (un ansiolitico usato per combattere l’insonnia, gli attacchi di panico, gli stati di ansia) è stato vietato in Thailandia da un paio di anni perché veniva utilizzato dalle prostitute in dosi massicce per stordire i clienti e derubarli.

Tutto inizia a metà gennaio quando i quattro amici partono per le spiagge thailandesi. Alloggiano in un hotel tre stelle che si rivela già alla prima notte inadeguato, sporco e pieno di pulci sui materassi. «La mia compagna aveva la pelle a bolle», spiega D.P., che ha preferito non venisse divulgato il suo nome. «Dopo due notti insonni, passate a grattarsi ho contestato ai titolari il pagamento dell’intero importo della stanza e loro per tutta risposta hanno chiamato la polizia. Non volevo perdere tempo così ho deciso di pagare tutto e cambiare albergo, ho aperto il passaporto per prendere i contanti e gli agenti hanno visto il blister con le pastiglie di Xanax. Mi hanno messo le manette e portato via come un criminale. Lì è iniziato un incubo». L’uomo viene portato in carcere e sbattuto su una cella buia e senza bagni. «Mi hanno fatto firmare un verbale scritto in thailandese», racconta l’uomo, «ho chiesto che mi venisse tradotto, senza esito. Sono stato obbligato a firmare. Nessuno mi dava spiegazioni, mi hanno solo detto che potevo essere condannato a cinque anni e che dovevo attendere il processo». La compagna intanto contatta l’ambasciata e cerca di capire come ottenere la libertà su cauzione. Paga 2.000 euro e dopo una notte di carcere l’uomo esce in attesa del processo.

«Poteva tenersi anche dopo 2-3 mesi», spiega. «Ci siamo informati e pagando 3.000 euro siamo riusciti a accelerare i tempi. Il processo è stato fissato per il giorno prima che finisse la cosiddetta vacanza. Sono tornati a prendermi e mi hanno riportato in carcere su una cella con 50 persone, 30 con le catene ai piedi come fossero degli schiavi. Lì ho capito che non sarei mai finito davanti un giudice per poter dare la mia versione, che non avrei avuto alcun processo come lo intendiamo noi. Sono rimasto lì ore, ho conosciuto un ungherese arrestato per un banalissimo incidente d’auto, a un tratto è arrivato un secondino dicendomi che era stato deciso che la mia pena era una multa di 250 euro, da pagare subito e in contanti. Altri 250 euro per l’interprete e 250 per la cauzione. Ho pagato tutto e sono uscito. Appena mi hanno ridato il passaporto siamo corsi in aeroporto per tornare a casa e dimenticare questo incubo» .

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