Incendi, la rete che protegge Venezia

La città oggi è coperta al 60 per cento, mancano 25 milioni di euro

Molto è stato fatto, ma molto resta ancora da fare per proteggere Venezia dal fuoco, che dopo la Fenice è tornato a far paura con il rogo del Mulino Stucky e, ancora, un anno fa, con quello di un’intera palazzina in pieno centro storico.

Oggi - grazie al progetto coordinato dal Comune, che ne ha affidato realizzazione e gestione a Veritas - Venezia ha una rete antincendio che non aveva nel 1996, realizzata però al momento solo al 60 per cento: è sempre un problema di finanziamenti, come accade in questi casi.

In questi anni sono stati realizzati da Veritas oltre 47 chilometri di rete, posati 722 idranti e 6 centraline di pressurizzazione, allacciati direttamente alla rete antincendio 84 “utenti”, come il Museo Correr, il museo di Punta della Dogana, le gallerie dell’Accademia, la Basilica di San Marco, le Procuratie Vecchie, molti uffici pubblici, grandi punti vendita, alberghi, ma anche scuole e case di riposo. Anche Burano è stata protetta con 2,5 chilometri di tubature, 30 idranti, una centralina di pressurizzazione. Ma all’appello manca ancora la copertura capillare di parte dell’area marciana, dei sestieri di Santa Croce, Dorsoduro, Castello, la Giudecca. Sono parti importanti della città storica: servono ancora 600 idranti e 35 chilometri di condotte. Soprattutto, servono i 25 milioni di euro necessari a completare l’opera. Avere una rete antincendio significa anche la possibilità di utilizzare acqua dolce, anziché l’acqua salmastra della laguna, molto più dannosa per i dipinti: in questi anni c’è stato anche l’incendio del soffitto della sacrestia della chiesa dalla Salute, con le opere di Tiziano salvate dai pompieri. La rete garantisce pressione agli idranti dei pompieri e non si corre più il rischio di restare imprigionati dalla bassa marea. «Per massimizzare l’affidabilità del sistema», spiega Veritas, «la rete è di norma strutturata ad anello, con centraline di collegamento unite tra loro. All’interno di ogni centralina, il numero di pompe è tre volte superiore al minimo necessario; così facendo il sistema è in grado di funzionare anche in caso di guasto di una condotta, di una pompa o di una centralina e o richiesta d’acqua contemporanea da differenti aree della città».

Roberta De Rossi

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia