Incassate tangenti per 750 mila euro
I due dirigenti della Provincia accusati di corruzione, peculato e falso, l’ingegner Claudio Carlon e il geometra Domenico Ragno, si sarebbero intascati 750 mila euro
Ca' Corner
VENEZIA.
Archiviati anche gli ultimi interrogatori dei due imprenditori arrestati - a Belluno Rino Spolador di Salzano e a Treviso Silvano Benetazzo di Campolongo si sono sostanzialmente avvalsi della facoltà di non rispondere, affermando soltanto la loro innocenza - il pubblico ministero Stefano Ancillotto ha un mese di tempo per chiudere le indagini, almeno quelle sul conto dei due dirigenti della Provincia accusati di corruzione, peculato e falso, l’ingegner Claudio Carlon e il geometra Domenico Ragno. A marzo, infatti, scade il termine massimo di 18 mesi durante il quale si può sottoporre un cittadino alle indagini preliminari. Diversa la posizione degli imprenditori, che sono stati iscritti sul registro degli indagati della Procura molto tempo dopo, ma la loro posizione è strettamente legata a quella dei due pubblici funzionari, visto che questi ultimi sono i presunti corrotti e gli altri i presunti corruttori. Anche per questo motivo il rappresentante della Procura continua ad interrogare persone informate sui fatti, come l’assessore provinciale all’Edilizia Giacomo Gasparotto, testimoni e probabilmente anche alcuni indagati. Mentre la prossima mossa dei difensori degli indagati sarà sicuramente quella di presentare ricorso al Tribunale del riesame di Venezia già domani, nella speranza che l’udienza venga fissata tra una quaindicina di giorni (gli atti devono essere inviati al Tribunale entro il quinto giorno dalla presentazione del ricorso e il Tribunale deve decidere entro dieci giorni).
Le accuse ai sette arrestati (quattro in carcere e tre agli arresti domiciliari) si basano soprattutto sulle dichiarazini di due imprenditori che partecipavano alla spartizione degli appalti tra la fine del 2005 e l’inizio del 2010. «Da quando mi sono rifiutato di pagare il 3 per cento sugli importi ricevuti - racconta Alessandro Gambaro - non sono più stato chiamato come componente del Consorzio nè come singolo imprenditore a svolgere lavori per la Provincia». «Fui assegnatario di molti lavori a trattativa privata - prosegue - in relazione ai quali le mie offerte si rivelavano le più vantaggiose per l’ente. Tali assegnazioni avvenivano grazie all’eccessivo ribasso che Domenico Ragno mi suggeriva di praticare, garantendo che poi avrei recuperato il ribasso praticato con successive maggiorazioni...Ragno operava sempre in stretta collaborazione con Claudio Carlon e in alcune occasioni mi è capitato di parlare di ribassi anche con l’ingegnere, mi disse “Pratica un buon ribasso, stai tranquillo tanto sai che poi si recupera sempre”».
E infine aggiunge: «Preciso che Ragno non mi faceva richieste perentorie, ma io sapevo che dovevo eseguire altrimenti Ragno non mandava avanti la contabilità dei lavori da me eseguiti, insomma teneva fermi i pagamenti». Il secondo imprenditore che si è deciso a parlare è Mario Pacella, ecco alcuni stralci delle sue dichiarazioni. «Anni fa - riferisce - ero amico di famiglia di Ragno: la moglie aveva gravi problemi ai denti intorno al 1999-2000, e mi offersi di presentarle un dentista, che le fece lavori per circa quaranta o cinquanta milioni di vecchie lire. Io anticipai il pagamento, avendogli presentato io la paziente, e attenedendo i soldi da Ragno, che ovviamente non m diede un bel nulla. Ragno poi pretese circa 10 mila euro per farmi fare i lavori alla caserma dei Vigili del fuoco di Portogruaro e all’Itis di San Donà. Fui costretto a pagare altrimenti mi avrebbe in qualche modo bloccato i lavori». «Consegnai quindi i denari - conclude Pacella - in contanti in piccole tranches da mille o duemila euro, sia presso i cantieri sia presso il suo ufficio».
Il giudice veneziano Antonio Liguori, oltre a firmare le ordinanze di custodia cautelare, ha anche disposto il sequestro preventivo di uno degli appartamenti posseduti dal geometra Ragno in via della Madonnina a Trieste e della villetta in via Cardazzo a Budoia (Pordenone) di proprietà di Carlon. Stando ai conti del magistrarto, la cifra che i due si sarebbero intascati, o almeno quella che gli investigatori della Guardia di finanza sono riusciti a stabilire, si aggira sui 750 mila euro e nel caso di loro condanna scatterebbe la confisca e la conseguente vendita con la possibilità di incassare per la Provincia quella cifra. Il magistrato, nell’ordinanza, scrive che il sequestro chiesto dal pm Ancillotto viene concesso innanzittutto perchè si tratta di immobili sui quali «risultano essere stati gratuitamente realizzati dai coruttori interventi di ristrutturazione costituenti il prezzo della corruzione». In secondo luogo, perchè si tratti di beni «di valore equivalente al prezzo della corruzione».
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