In carcere piantonato a vista Riccardo Torta: ha fatto a pezzi la sua vicina con una sega elettrica

MESTRE. E' in carcere piantonato a vista, Riccardo Torta, 68 anni, l'uomo che venerdì sera ha ucciso l’anziana vicina di casa - Nelly Pagnussat, 78 anni, che chiamava "zia" tale era il loro legame - per poi tagliarla a pezzi con una sega elettrica: l'allarme è scattato alle 20, ma l'ultimo segno di vita della donna risale alle 16. Testimoni hanno raccontato alla polizia di aver visto l'uomo aggirarsi poco prima con in mano un martello, con il quale ha probabilmente compiuto il delitto, prima di infierire sulla donna, riempendo quattro sacchi dei rifiuti con il suo corpo fatto a pezzi. Torta è stato catturato dalla polizia alle 22.30: dopo una tesa trattativa, agenti e medici lo hanno convinto ad aprire la porta dell’appartamento dove si era asserragliato. La polizia comunque era pronta ad intervenire con un blitz del reparto speciale Uop. Non una parola, dopo l'arresto, per spiegare quanto successo, ma avrebbe cercato comunque di disfarsi della sega elettrica, nascondendola in giardino. Di più: si era pulito dal sangue, dopo aver cercato di pulire anche l'appartamento. Segno che ha cercato di occultare il delitto.
Cosa abbia scatenato la furia omicida, al momento non si sa: il rapporto tra Torta e l'anziana vicina era stretto, tanto che lui la chiamava "zia".
Un vero e proprio "gigante", Riccardo Torta, con una storia inquietante: malato psichico in cura ai servizi dell'Asl 12, ha già ucciso. Nel 1973 ha ammazzato un finanziere, colpendo la sua barca con una lastra di marmo lanciata dal ponte dell'Accademia. All'epoca, Torta - nonostante appartenesse a una famiglia benestante di commercianti veneziani, con casa e attività a San Samuele - era un contrabbandiere e la Finanza gli aveva sequestrato il motoscafo: voleva vendicarsi. E' stato condannato a 16 anni. Precedentemente, aveva già cercato di uccidere (annegandolo) un suo complice contrabbandiere.
Perché un malato di mente condannato per omicidio era libero? Questa è la domanda che corre spontanea di bocca in bocca. Banalmente, la risposta sembra essere al momento: perché aveva scontato la sua pena, uscendo dal carcere nei primi anni Novanta. In ogni caso la Squadra Mobile sta ricostruendo anche queste circostanze.
L'omicidio. Sono da poco passate le 20 di venerdì quando al centralino della Questura arrivano alcune telefonate di inquilini del palazzo al civico 33 di via Ca’ Venier. Le telefonate sono allarmanti, infatti chi chiama segnala di aver visto un loro vicino uscire da un appartamento con una sega elettrica in mano. La sega ha la lama insanguinata, temono il peggio. Infatti si tratta di una persona malata psichiatrica che già in passato aveva creato problemi. Ma sosprattutto in molti sanno del suo passato, quando era stato arrestato per aver ucciso un finanziere in centro storico.
La centrale invia sul posto due volanti. L’operatore del 113 percepisce la gravità della situazione. I poliziotti salgono al piano indicato da chi ha telefonato. Sul pianerottolo evidenti tracce di sangue. Gli agenti entrano nell’abitazione da dove l’uomo con la sega elettrica era uscito. Lo spettacolo è raccappricciante. C’è sangue ovunque. Trovano anche il cadavere della donna che vi abita. Altra scena agghiacciante: il corpo è tagliato a pezzi e in parte messo in sacchetti di nylon. Dentro non c’è chi ha trasformato quell’appartamento in un mattatoio. I vicini che hanno chiamato la polizia indicano dove abita il sospettato del massacro. La scia di sangue conferma che l’uomo è entrato nel suo appartamento, al piano superiore. I poliziotti suonano, armi in pugno e cercano di farsi aprire. Nessuna risposta dall’interno. Nulla viene escluso, nemmeno che mentre stava arrivando la polizia sul posto lui sia uscito e si sia nascosto in qualche angolo del palazzo.

In via Ca’ Venier arrivano altri agenti delle volanti, i colleghi della scientifica. La polizia fa sgomberare la palazzina, c’è il rischio che l’uomo si renda protagonista di altra violenza. Si cerca di instaurare un dialogo con l’assassino, ma sono tentativi infruttuosi, si decide di far intervenire il reparto speciale della Questura. Si tratta di uomini addestrati per compiere blitz. Viene sospesa l’erogazione del gas e una trentina di famiglie restano al freddo. Mentre si sta preparando la prova di forza, dall’altra medici e poliziotti cercano un dialogo con Riccardo Torta, invece della forza insomma l’estrema ratio del dialogo.
Alla fine, poco dopo le 22.20 l’uomo apre la porta in segno di resa: evidentemente aveva capito che non poteva fare altro. Entrano i medici e i poliziotti. Lo psichiatra chiamato sul posto inizia a trattarlo nell’abitazione mentre i poliziotti cominciano a perquisire l’appartamento ritrovano la sega elettrica usata per uccidere la zia. Quindi è stato trasportato nel reparto di psichiatria dell’ospedale dell’Angelo.

L'inchiesta. Riccardo Torta si trova ora in carcere, piantonato a vista perché non commetta atti di autolesionismo. Sarà interrogato lunedì dal giudice per le indagini preliminari Alberto Scaramuzza, che dovrà convalidarne l'arresto e decidere sulla sua misura cautelare. Intanto, il pubblico ministero Laura Cameli assegnerà a un medico legale l'autopsia sui resti dell'anziana Nelly Pagnussat, per cercare di chiarire le cause del suo omicidio.
Il precedente. Torta nel 1973 era un giovane contrabbandiere al quale la Finanza aveva sequestrato il suo motoscafo: per vendetta, organizzò con un complice un agguato. Era la notte del 31 maggio: fecero saltare in aria un motoscafo in un rio di San Polo e al passaggio di una barca della Finanza sotto il ponte dell'Accademia, lanciarono un pezzo di travertino dal ponte in restauro, uccidendo sul colpo il giovane finanziere Alberto Calascione.
Per quel delitto venne condannato a 16 anni, che Torta ha scontato, uscendo nei primi anni Novanta.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia