In 400 all'addio del re degli zingari
«Mirko Levak fiero e capace, orgoglioso della sua famiglia»

Un momento del funerale di Emilio Levak (nel riquadro) e a destra la banda per la cerimonia
CATENE.
In 400 nella chiesa di Santa Maria della Salute per l'ultimo addio al «re degli zingari rom Kalderash» Emilio Levak detto Mirko, morto a 84 anni. Il funerale è stato preceduto da un suggestivo corteo. I cari del patriarca dei nomadi (14 figli e 184 tra nipoti e pronipoti) hanno attraversato le strade di Catene in fila dietro alla bara, portata in spalle dai figli e preceduta solo dalla banda musicale che ha suonato diverse canzoni tra cui «Rosamunda». «Mirko aveva vissuto l'invasione nazista del Carso (era stato deportato giovanissimo nel campo di concentramento di Auschwitz, ndr) - ha ricordato il parroco don Lio Gasparotto - Raccontava che i nazisti dicevano che uno zingaro non valeva nemmeno il prezzo di una pallottola e così li uccidevano barbaramente con un pezzo di legno su cui era conficcato un chiodo. Mirko per questa tragedia perse familiari e persone care. Fuggì e poi, grazie al suo ingegno e alla sua intraprendenza, è diventato il capostipite di una grande famiglia di artigiani del rame. Poi, giovanissimo, ha sposato Silvana Boscolo e i due sono sempre stati vicini. E dopo la morte della sua amata Mirko si era spento: andava a trovarla in cimitero tutti i giorni per pregare e parlarle. Era molto orgoglioso della sua grande famiglia, dei suoi 14 figli e dei tantissimi nipoti e pronipoti, sparsi per l'Italia e l'Europa. Era un uomo fiero e capace. Mi commuoveva la sua fede semplice, fatta di devozione. Non si perdeva una messa». Un familiare del patriarca rom ha ricordato: «Mirko aveva combattuto contro i sanguinari nazionalisti croati che sterminarono a migliaia gli ebrei e gli zingari durante la seconda guerra mondiale. E per tutta la vita si è impegnato in una battaglia civile per il riconoscimento dei rom. Voleva una società non razzista, più umana e più giusta». Carmelo Coco, ex direttore didattico della circolo Baseggio - da sempre impegnato nell'associazionismo rom - invece, ha detto: «Andavo spesso a trovare Mirko e Silvana, lei era il suo costante punto di riferimento. Mi raccontavano della loro vita passata quando vivevano liberi con i cavalli e le carovane, quando il parto avveniva senza assistenza in mezzo al fieno. Mi raccontava della libertà che si godeva ammirando la natura ancora incontaminata del Carso. E mi parlavano della facile convivenza di un tempo tra la popolazione rom e i contadini di tutta Italia». (mi.bu)
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