Imprenditori miranesi truffati dal consulente

Il trevigiano Federico Zanin accusato di aver intascato un milione 400 mila euro Convinceva i suoi clienti di poter assicurare tassi d’interessi fino al 48% annuo

Prometteva utili che in alcuni casi arrivavano al 48% annuo, per acquistare barre dorate e lingotti di una società con sede nella lontana Guinea. A Paola Mason, presidente della Cps onlus (cooperativa Provinciale Servizi, una delle più note del Veneto), aveva promesso di far arrivare, tramite Bnl Paribas, un finanziamento di 30 milioni di euro: ma dopo aver incassato la parcella per la consulenza e un anticipo sull’intermediazione, si era reso irreperibile. E alla gran parte dei clienti, molti dei quali amici, aveva prospettato lauti guadagni, presentandosi come rappresentante della Kuantiko Ltd di Londra, con l’adesione a un fondo di investimento, in accordo la società Blue Brain Sa di Losanna. Società che - spiegava ai clienti - stava lavorando a un modello computerizzato di cervello umano. In realtà, il progetto esisteva, con quel nome: ma era sviluppato, in maniera autonoma e senza alcun legame con società svizzere e inglesi, dal politecnico Federale di Losanna.

Così agiva Federico Zanin, l’ex promotore finanziario (radiato alcuni anni or sono per precedenti disavventure giudiziarie) e oggi consulente aziendale accusato dalla Procura di Treviso di aver truffato 23 clienti (più il Fisco) per 1,4 milioni, e di essersi appropriato indebitamente di altri 70 mila euro versatigli a una donna di Treviso. Ma alla sbarra dovrà rispondere anche di evasione fiscale, e di violazione delle norme che regolano la raccolta del risparmio. L’inchiesta fa emergere una rete di contatti di prestigio, oltre a una base territoriale (alcuni clienti sono di Morgano, paese natio di Zanin). Poi l’uomo metteva sul piatto le sua amicizie illustri, le vaste relazioni, anche in ambienti, e la credibilità di cui godeva.

Ma forse la vittima più illustre è Alfonso Lorenzetto, fotografo di Paese, presidente provinciale della Cna, che gli aveva versato in due rate una somma molto vicina ai 20 mila euro. E poi politici, come l’ex sindaco di Morgano, Elena Basso, esponente di spicco della Lega Nord: ha versato a Zanin 30 mila euro. E ancora sono finiti nella rete di Zanin professionisti della comunicazione, artigiani di Mirano, operatori nel settore immobiliare a Scorzè, autotrasportatori, pensionati, che magari affidavano all’uomo somme minori, dai 10 ai 15 mila euro.

Il pm De Bortoli, nel decreto di citazione a giudizio, parla di «artifici e raggiri» da parte di Zanin. E accusa l’uomo di aver abusato «della fiducia che molti clienti riponevano in lui». Secondo lo stesso pm, Zanin «era consapevole di non poter adempiere a quanto promesso ai clienti», perché «i soldi raccolti non venivano destinate all’investimento proposto, ma utilizzati per regolare rapporti con altri clienti, o per spese di carattere personale». Si parla di investimenti immobiliari. I pm hanno poi appurato come Zanin non rendesse nemmeno gli interessi, se non in alcune circostanze, e con somme «minime», e come spesso, per non dire sistematicamente, si rendesse irreperibile quando i clienti (talvolta disperati) cominciavano a sospettare di poter essere stati raggirati.

Come nasce il «tesoretto» oggi sfumato? La somma di 1,4 milioni è prodotta dai versamenti dei clienti: per molti di loro erano i risparmi di tutta una vita, talvolta consegnati in contanti. Il più delle volte assegni, altre volte bonifici esteri, usando banche padovane dove era il conto di Kuantico, altre istituti di credito trevigiani, con il conto di Zanin.

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