Immigrazione clandestina condannato a cinque anni

Imprendutore edile tunisino nei guai a Dolo per una serie di false certificazioni dichiarava che alcuni connazionali lavoravano per lui in un cantiere inesistente

DOLO. L’imprenditore tunisino Samir Smara, 51 anni residente a Trieste e rappresentante legale della ditta edile «Futuro Costruzioni Europee sas», è stato condannato ieri dal Tribunale di Venezia a una pena pesante: cinque anni e cinque mesi di reclusione e al pagamento di 82 mila euro di multa. Stando alle accuse, aveva certificato che cinque suoi connazionali lavoravano con la sua ditta e grazie a quello avevano ottenuto il nulla osta per il permesso di soggiorno. Secondo il capo d’imputazione, nel 2012 aveva sostenuto che i cinque tunisini avevano lavorato presso il cantiere di Dolo della sua ditta, ma in realtà il cantiere era stato smantellato l’anno precedente, nel 2011, e l’anno seguente non esisteva più. L’imputato doveva rispondere, quindi, di favoreggiamento dell’introduzione di manodopera clandestina e di falsa certificazione.

I cinque suoi connazionali, infatti, avevano ottenuto il permesso di soggiorno sulla base di un attestato fasullo sul quale c’era scritto che lavoravano nel cantiere di Dolo della ditta «Futuro Costruzioni Europee» di Smara, mentre in realtà quel cantiere non c’era più e loro non erano dipendenti dell’azienda dell’imputato. A scoprire il «trucco» erano stati quelli dell’Ispettorato del lavoro e i carabinieri, che avevano messo in atto alcuni controlli e avevano appurato che il cantiere era stato chiuso nel 2011 e che, di conseguenza, l’anno successivo non esisteva più.

L’introduzione di clandestini nel nostro paese è punita con leggi severe, tanto più se per raggiungere lo scopo si utilizza o addirittura si crea documentazione fasulla, come è accaduto in questo caso. tra l’altro, l’impresa di costruzioni di Smara non era certo una delle ultime nella sua regione, aveva partecipato anche a interventi importanti. A Dolo, ad esempio, aveva partecipato alla ristrutturazione di alcuni padiglioni dell’ospedale. Lavori che effettivamente aveva eseguito, ma non nell’anno che aveva indicato il rappresentante legale, bensì l’anno precedente. Non è stato difficile, alla fine, per gli inquirenti, scoprire il «trucco» usato da Smara. A chiederne la condanna, ieri, è stato il pubblico ministero Elisabetta Spigarelli, mentre l’avvocato della difesa si è battuto per la completa assoluzione. I giudici del Tribunale di Venezia sono rimasti in camera di consiglio poco meno di un’ora per prendere la loro decisione.

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