Il viaggio di pace in Siria con un carico di palloncini

MESTRE. Si è fatto 7.000 chilometri a bordo di un camper scassato e però ostinato come un mulo per raggiungere il campo profughi di Atma, ai confini tra Turchia e Siria, dove vivono in tende improvvisate oltre 10 mila profughi siriani, per aprire la sua valigia magica e cominciare a gonfiare palloncini colorati da trasformare a colpi di nodi in fiori e animali. «È incredibile come i bambini, in tutti i posti del mondo, siano felici con un palloncino nella mano» racconta Italo Cassa, il messaggero dell’associazione “La scuola di pace” che, dopo il viaggio compiuto tra novembre e dicembre sul confine siriano, ieri mattina ha raccontato la sua storia e quella dei ragazzi siriani a una centinaio di bambini della scuola Fermi di Zelarino, dove ha portato anche i disegni realizzati da alcuni degli 850 bambini siriani, molti di Aleppo, ospitati nella scuola turca di Antakya, tappa del viaggio.
Una scuola dove, coma racconta una maestra intervistata nel documentario girato da Simone Danieli, compagno di viaggio di Cassa, «cerchiamo di farli pensare a qualcosa d’altro che non sia la guerra», così da permettere agli alunni, nei loro disegni, di prendere in mano non solo i pennarelli di colore rosso per raccontare del sangue e della tragedia della città dalla quale arrivano. Il viaggio ad Atma e l’incontro con gli studenti della scuola di Zelarino è stato possibile grazie all’impegno e al sostegno dell’associazione “Siriani liberi in Italia” fondata nel giugno dello scorso anno a Venezia da Nohad Haj Salih per sostenere la transizione democratica nel Paese sotto scacco del regime di Assad e per lavorare, sul fronte italiano, per far conoscere la vicenda siriana. Ieri mattina, dopo aver assistito alla proiezione del documentario, le insegnanti della scuola hanno ricevuto alcune decine di magliette bianche con la scritta “Io sostengo il popolo siriano” e altre nelle quali gli studenti potranno sbizzarrirsi con i colori in disegni o messaggi destinati ai bambini siriani e che a loro arriveranno grazie alla prossima missione del camper sgangherato di Cassa, che solo a vederlo mette allegria.
«Entrando nel campo profughi, dove migliaia di persone vivono in condizioni precarie, in un oliveto che quando piove si trasforma in uno stagno» racconta Cassa «siamo da subito stati circondati da decine di bambini che volevano i palloncini. Fortunatamente siamo stati aiutati dai loro padri per gonfiarli e distribuirli». Gli strumenti del messaggero di pace sono tutti in una vecchia valigia recuperata vicino ai cassonetti, dopo che qualcuno l’aveva buttata via anche se ancora buona, che porta sempre con sé. Dentro ci sono i palloncini, una piccola pompa, un naso rosso e i grandi occhiali da clown. Nella prossima missione la valigia si riempirà anche con le magliette dei ragazzi della scuola Fermi. «Sembra una piccola cosa questa che faranno i ragazzi, e invece è una cosa importantissima», racconta Rania, moglie di Noah «perché permette di portare un po’ di gioia ai bambini siriani costretti a stare nei campi profughi per la guerra». Sarà un modo per farli pensare ad altro, per usare le parole della maestra di Antakya. «Perché è bello» come spiegano maestre e bambini siriani «sapere che in Italia ci sono degli altri bambini che pensano a noi».
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