«Il tornado in Riviera emergenza più grave»

Munaro: Venezia sempre in allerta per il rischio terrorismo
Di Marta Artico

Il comandante provinciale dei vigili del fuoco, Loris Munaro, ha lasciato Venezia per assumere l’incarico di comandante regionale del Friuli Venezia Giulia. In questi anni ha vissuto terremoti, affrontato piogge eccezionali e gestito l’ “emergenza tornado” in Riviera del Brenta.

Le dispiace andare via?

«Sono stati 6 anni bellissimi, professionalmente parlando, il comando di Venezia ha delle realtà differenziate, come la risonanza mondiale della vulnerabilità della città lagunare, del suo centro storico, l’impegno per la prevenzione antiterrorismo: siamo sempre concentrati su questo fronte per pianificare il Piano di emergenza ed evacuazione, senza dimenticare l’impegno nel mantenimento della rete idrica antincendio di Venezia a garanzia di un intervento indipendente dalla transitabilità dei canali».

Il primo caso in cui fu utile la rete antincendio?

«Appena arrivai qui mi ricordo bene l’incendio di una parte della copertura dell’edificio del seminario della Salute: i danni furono limitati proprio perché utilizzammo l’acqua dolce della rete idrica antincendio veneziana. Al centro dell’attenzione le tele del Tiziano di Davide e Golia, superammo anche il giudizio di Sgarbi, allora responsabile del Polo museale: ricordo che stava cenando lì a due passi e arrivò subito perché vide il fumo».

È difficile mantenere funzionale la rete?

«La teniamo in efficienza grazie a prove settimanali. Venezia è una città complessa per via del suo centro storico e c’è la necessità di intervenire quando si verificano dissesti statici, come i cornicioni che crollano».

E gli incendi?

«In un anno abbiamo 11mila interventi, alcuni sono facili, altri complessi, il 20 % sono incendi, e poi ci sono gli incidenti stradali, il 30%. Gli incendi a Venezia centro storico non sono per fortuna in aumento, inoltre possiamo contare, ripeto, sulla rete idrica sempre sotto controllo».

Bisogna essere multitasking...

«C’è tutta la parte industriale di Porto Marghera, sotto i riflettori delle istituzioni e della cittadinanza, il rapporto delle attività, la prevenzione e le piccole emergenze: il personale è talmente specializzato da venire chiamato in tutta Italia».

Gli altri fronti?

«C’è la viabilità, le problematiche legate all’elevato numero di incidenti stradali, specialmente in estate nelle direttrici verso le spiagge, assistiamo a eventi molti tristi. E poi ci sono gli incendi domestici, che sono in aumento e che sono legati al disagio sociale e al ricorso ai bomboloni di Gpl utilizzati spesso dagli extracomunitari. E i recuperi in laguna. In aumento le ricerche di persone disperse, come l’anziano 96enne del Lido dell’altro giorno. Molti sono extracomunitari, altri sono anziani: abbiamo affinato le ricerche di persone. Dopo poche ore dalla scomparsa attiviamo il dispositivo di ricerca mediante celle telefoniche».

Uno degli ambiti che dà più preoccupazioni?

«Il maltempo».

L’intervento più importante fu il tornado?

«L’operazione più significativa che abbiamo fronteggiato è stata il tifone in Riviera del Brenta: un’energia inaudita, una forza enorme mai vista qui, che ha tirato giù i tralicci dell’alta tensione, simile a quanto accade nel Sud California. Un fronte di 500 metri per 3 chilometri che ha interessato tre comuni, penso che se avesse investito anziché la Riviera Porto Marghera Mestre o il centro storico, il problema sarebbe stato ancora maggiore».

Sono casi isolati?

«Sono fenomeni sempre più frequenti in Veneto, come le piogge concentrate in un dato momento e imprevedibili, che mettono in crisi il sistema di drenaggio delle reti idriche».

Lei ha vissuto tutti i terremoti?

«Aquila, Emilia Romagna e Centro Italia. Ero a Rieti in questi giorni, nel complesso ci ho passato due mesi. In questo momento il freddo è intenso, ma la gente si aspetta ugualmente una risposta veloce».

Porto e Aeroporto sono complessi da gestire?

«Abbiamo 70 uomini all’Aeroporto come nucleo antincendio, oltre agli elicotteristi, è il terzo aeroporto d’italia, ci sono state diverse criticità. Ricordo quando scoppiò un pneumatico sull’aereo privato in cui viaggiava lady Goga, proprio prima del punto di non ritorno, un incidente che poteva avere conseguenze più gravi. Abbiamo avuto diversi allarmi a bordo degli aerei, direi parecchie decine. Incidenti in stiva, fumo in cabina, il pilota della British che svenne e l’aereo fu portato a terra dal copilota. Poi c’è il Porto, alcune navi vengono a Venezia perché sanno che spegniamo gli incendi covanti».

I vigili sono sufficienti?

«Se ce ne fossero di più sarebbe più facile far riposare il personale, ci sono periodi di sofferenza, ma diciamo che è improbabile che ci siano due eventi rari ravvicinati».

I mezzi?

«Si usurano, hanno un ciclo di vita, una volta si cambiavano ogni 2-3 anni, oggi ogni 5-6».

Lo sviluppo tecnologico aiuta?

«Il nostro mestiere ci consente di sviluppare nuove professionalità e diminuire i rischi, oggi abbiamo personale specializzato nel mettere in sicurezza strutture pericolanti: a Norcia abbiamo sviluppato una tecnica di monitoraggio che usa i droni, con la quale possiamo utilizzare questi ultimi anziché mandare le persone in ispezioni pericolose. Una tecnica nata proprio a Venezia grazie a un collega elicotterista appassionato di volo e droni, un sistema che è stato adottato dal corpo nazionale. Ma c’è anche la topografia applicata al soccorso, messa in campo nelle ricerche di persone: utilizziamo il Gps per mappare le zone rosse, lo abbiamo fatto con il Tornado e con il terremoto per monitorare l’amianto. E poi ci sono gli operatori dell’Usar (urban search and rescue), una specialità che ci ha permesso di trovare le persone vive sotto le macerie».

Cosa servirebbe?

«Risorse per le attrezzature speciali: oggi servono mezzi straordinari, bisogna essere all’avanguardia. A Venezia non si può usare l’autoscala: mettere in piedi un’autoscala su un mezzo acquatico costerebbe tra i 3 e i 4 milioni, è uno strumento che non c’è, ma che noi abbiamo studiato».

Campeggi?

«Abbiamo aperto un varco. Categorie e associazioni di campeggiatori vedevano la normativa sotto il profilo burocratico e come in tutti settori c’è chi ha investito poco e chi molto: il nostro lavoro è stato apprezzato. La sicurezza deve rappresentare un bollino blu per l’attività turistica e un ritorno di immagine».

Scuole?

«Abbiamo fatto parecchie attività di informazione e addestramento, e abbiamo una quota importante di scuole in regola superiore alla media nazionale».

Quale messaggio lascia?

«I vigili del fuoco sono in prima linea, sempre presenti, ci chiama chi non sa più dove sbattere la testa. A volte diamo supporto alle persone, anche solo psicologico. Il nostro personale ha questa sensibilità maggiore, siamo l’istituzione con il più alto livello di gradimento, spero rimanga sempre così, dobbiamo crederci e metterci il cuore».

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