Il tempo lento della bellezza nella Biennale dei record

"Viva Arte Viva" chiude con 615 mila presenze e segna +23% sull'ultima edizione. Baratta: «Come una palestra di scherma, un tocco di fioretto contro le banalità»

Venezia, la Biennale d'Arte dei record

VENEZIA. Finisce così, con un cielo di colori che sembrano dipinti e con l'Arsenale e i Giardini che fino all'ultimo minuto sono un brulicare di visitatori. Da maggio a novembre non ha fatto differenza: tornelli sempre all'opera, giovani - tantissimi -, famiglie, appassionati di lunga data, critici, collezionisti, turisti mai per caso. Pubblico che ha fatto il suo viaggio, la sua strada, il suo pellegrinaggio al luogo dell'arte.

Finisce con 615 mila visitatori, un record assoluto anche se «al di là delle soddisfazioni che portano con sé, ai record non si deve né inchinarsi né assuefarsi». "Viva Arte Viva", la 57esima Esposizione internazionale d'Arte, finisce con numeri dei quali al presidente della Biennale Paolo Baratta piace pensare che «oltre ai meriti della nostra curatrice Christine Macel, che vanno tutti riconosciuti, sono anche il sintomo di alcuni fenomeni generali positivi».Al pubblico questa Esposizione, con il cuore nel progetto di Macel e 86 curatori nazionali, ha offerto il tempo lento della bellezza, un "otium" riflessivo, come dice Baratta, che ha fatto riscoprire a chi l'ha frequentata il valore «del riflettere e dell'argomentare».

Biennale Arte: le star di Hollywood spaventate... dai migranti

In un'epoca in cui tutto è vissuto e consumato sulla misura dell'ora, questa Biennale ha fatto vibrare «una crescente volontà di scoprire personalmente e direttamente la vitalità dell'arte rispetto ai bombardamenti quotidiani di suoni e immagini cui il mondo è sottoposto e con i quali si vogliono indurre vari comportamenti; compresi tra questi bombardamenti quelli che ogni tanto ci colpiscono sui valori di mercato raggiunti da alcune opere d'arte contemporanea».

Il dato dei 615 mila, che significa +23 per cento sull'ultima edizione, dentro ne contiene molti altrii: la 57esima Biennale ha visto una crescita esponenziale dei visitatori under 26, ha superato per 9 settimane il numero dei visitatori dei giorni della vernice (quando, secondo qualche detrattore, si concentra il massimo interesse assieme al pubblico "da yacht"); per più di un giorno ha sfondato quota 30 mila, e questo non era mai accaduto nella storia. Sono stati 35 mila gli studenti delle scuole in visita accompagnati da insegnanti che avevano seguito il percorso di formazione per poterli guidare; 68 le "Tavole aperte", innovazione portata da Macel, grazie alle quali 2100 visitatori si sono seduti a pranzare con 87 artisti, e hanno potuto dialogare con loro. Un'esperienza senza precedenti, una risposta forse addirittura al di là delle aspettative: la presenza di tanti artisti accanto alle loro opere, la possibilità per il pubblico di incontrarli e parlare con loro è stato uno degli elementi che hanno reso speciale questa Esposizione.

È stata una Biennale piena di colori, «ma non per questo buonista o ottimista» ammonisce Baratta. Così come si era segnato con l'arte il tempo nero della crisi, così si è voluto segnare il tempo dell'Umanesimo, che non è scevro di una certa cupezza. Eppure i tanti fili che si tendevano e si incrociavano nelle opere - di rammendo, di sostengo, di accompagnamento - un segnale di ottimismo riuscivano a darlo. E certo si è confermata la necessità della vitalità dell'arte.

Le suggestioni del Padiglione degli sciamani alla Biennale Arte di Venezia

Baratta, per lunga esperienza, avverte Macel: quando una Biennale chiude, si prova nostalgia. Lei già l'avverte: la prima, «quella per la libertà con cui ho potuto lavorare». E se anche il presidente si chiama fuori da qualsiasi «arrampicata statistica», i numeri restano lì e si prestano ad analisi: il turista che visita Venezia, solo nell'1-2 per cento dei casi visita anche la Biennale; per l'Arsenale e i Giardini c'è un turismo mirato, che quest'anno ha visto un aumento da Francia, Germania e Stati Uniti in modo particolare. Tutto, senza pubblicità, senza forzature, senza altro richiamo che non si quello dell'arte: come è possibile allora fare della Biennale "questa" Biennale?

Nel suo primo anno di presidenza, Baratta aveva chiuso con 185 mila visitatori: «È una questione di stima e fiducia in un'istituzione culturale» dice. «A un certo punto, scatta qualcosa. È un cammino lungo». «La Biennale» conclude «mantiene la sua missione se sa percorrere il proprio sentiero, anzi il proprio crinale armando se stessa e il visitatore del fioretto necessario per scansare tentazioni, banalità, conformismi, e per dischiudere le diverse verità che gli artisti ci vogliono trasmettere e infine per verificarne e apprezzarne l'opera».

©RIPRODUZIONE RISERVATA

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia