Il sub tradito dagli anfratti del relitto
CHIOGGIA. Il corpo di Giovanni Pretto è stato recuperato ieri, verso le 14, dal gruppo di speleosub dei vigili del fuoco che lo cercavano, ormai, da quattro giorni. Il 34enne di Valli del Pasubio (Vicenza), sabato scorso, dopo un’immersione, assieme a dei compagni, sul relitto della nave Evdokia II, a circa sei miglia da Chioggia, non era più riemerso e, passate le prime ore, le speranza di ritrovarlo vivo erano, ormai, svanite.
Il suo corpo era stato rintracciato martedì pomeriggio, ma il recupero è stato possibile solo ieri, a causa della pessima visibilità nella zona del relitto.Solo domani verrà eseguita l’ispezione cadaverica o l’autopsia che dal dottor Antonello Cirnelli.
Agli speleosub sono state necessarie oltre tre ore di lavoro e tre turni di immersioni per portare in superficie il corpo, che è stato adagiato a bordo di una imbarcazione della Capitaneria di porto e riportato a terra. Ma questa è stata solo l’ultima fase di una ricerca complessa e pericolosa che ha richiesto anche uno sforzo organizzativo non indifferente. Escludendo le prime ore di ricerca, al sabato pomeriggio e sera, solo domenica la Capitaneria ha potuto fornire le piantine plastificate della nave affondata, e solo al lunedì sono arrivati gli speleosub, sommozzatori appositamente addestrati per le operazioni nelle grotte sottomarine e nei relitti. La ricerca, poi, iniziata dai livelli inferiori della nave, e completata a metà, martedì si era spostata ai livelli più alti, su indicazione del compagno di immersione di Giovanni che, in preda all’angoscia per la disgrazia accaduta, riteneva più probabile trovare il corpo in alto. Invece era al terzo livello, e lo si sarebbe potuto, forse, trovare un giorno prima, anche se ciò avrebbe fatto ben poca differenza.
Dalla loro a Valli del Pasubio, i genitori di Giovanni, Ezio e Carla, hanno seguito le operazioni di ricerca del corpo del loro unico figlio, in contatto costante con la Capitaneria di porto. Le loro speranze di riabbracciarlo sono crollate inesorabilmente con il passare delle ore. Ora aspettano solo di poterlo riportare in paese per seppellirlo. «Per me è stato il figlio che non ho mai avuto» ricorda la zia Edda Pretto «Un ragazzo solare, pieno di vita: non meritava questa fine». Giovanni, che lavorava con il padre nella segheria di famiglia e viveva con i genitori, «aveva acquisito il brevetto di sub tre anni fa», ricorda il presidente della Schio Sub Asd Luigi Scalco, «Si era rivolto a noi dopo le prime immersioni fatte durante un viaggio nel Mar Rosso ed era diventato uno dei nostri soci più attivi. In trent’anni non ci era mai capitata una tragedia come questa». Per Giovanni le immersioni erano una passione in cui aveva investito molto tempo e preparazione e lo si poteva definire un “esperto” in questo sport. Ma l’esperienza, a fronte del destino, conta poco. Uno dei decani delle immersioni a Chioggia, Piero Mescalchin, veterano delle Tegnue e dei relitti, avverte che «non ci sono immersioni sicure. Al massimo si possono aumentare le misure di prudenza per prevenire incidenti».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia