Il sorriso del tredicenne Marco si è spento per sempre
Mestre. Il sorriso di Marco si è spento nella clinica pediatrica dell’ospedale di Padova, dopo aver lottato con tutte le sue forze per riprendersi e tornare a casa, dalla sua famiglia e dai suoi compagni di classe.
Mohammed Aorangojeb è il nome bengalese che il papà Alì Mohhamed e la mamma Bubly Tamanna gli hanno dato quando è nato, una benedizione di Allah, come ogni figlio maschio.
Per tutti, però, lui era Marco, il ragazzino di 13 anni che aveva frequentato la Cesare Battisti e che stava completando la seconda media alla Giulio Cesare di via Cappuccina, assieme ai suoi coetanei. Compagni di classe che adesso ancora faticano a rendersi conto di quello che è accaduto.
Solare, attento, diligente e sempre felice nonostante il suo stato di salute talvolta precario. Il cuore di Marco ha smesso di battere giovedì nel tardo pomeriggio, era stato ricoverato qualche giorno prima per un virus intestinale che ha debilitato il suo fisico fino a comprometterne gli organi vitali. A piangerlo sono i genitori, che per quel loro figlio delicato facevano di tutto, e la sorella.
Marco era tra i tanti ragazzini che con la bella stagione giocavano in piazza Ferretto, davanti al negozio della Wind, oppure al parco.
A scuola studiava tedesco, a casa prendeva lezioni private di arabo, di inglese e di italiano, per essere pronto un giorno ad affrontare il mondo. Ieri fuori dalla scuola è apparso l’annuncio funebre, postato sui social da tutta la comunità bengalese e dalla Venice Bangla School di cui è presidente Kamrul Syed.
I bengalesi si sono stretti attorno alla famiglia, in un momento tanto doloroso, per far sentire la loro solidarietà. Il padre Alì, benvoluto e rispettato da tutti, è il presidente dell’associazione islamica bengalese e il responsabile della moschea di via Fogazzaro.
Ma è anche un noto imprenditore alla Fincantieri. Ieri si è pregato in ogni comunità della terraferma per il piccolo Marco, così come a Padova, dove è mancato, essendo la comunità molto unita.
Adesso si cerca un luogo adatto dove organizzare la funzione funebre con rito islamico, che si terrà non prima della prossima settimana, perché sul suo corpo verrà effettuata l’autopsia. Di solito i funerali si tengono in uno spazio del cimitero di Marghera riservato ai fedeli musulmani, ma la comunità spera di poter ottenere una sala a Mestre, per accogliere le tante persone che vorranno partecipare alla funzione.
Il papà, Alì, è l’unico che se la sente di parlare e di fare forza alla moglie e alla figlia: «Era il bambino migliore che si potesse desiderare, intelligente, dotato e buono, il più bravo di tutti» dice tra le lacrime.
Racconta: «I medici hanno fatto tutto quello che potevano, di più nessuno sarebbe riuscito a fare». La dirigente scolastica, Rachele Scandella, lo ricorda con affetto: «Era un alunno bravo e benvoluto, sembrava che si rimettesse, quanto accaduto ci addolora infinitamente, siamo rimasti davvero tutti sconvolti e senza parole. Questo è stato per noi un anno pieno di lutti a scuola, adesso ci rimettiamo alla volontà della famiglia».
La scuola nel giorno del funerale non potrà rimanere chiusa, ma la dirigente fa sapere che autorizzerà tutti i compagni di classe a recarsi al funerale e partecipare in massa al rito funebre secondo l’usanza che la famiglia deciderà. «Siamo contriti», spiega Kamrul Syed, «le comunità di Mestre, delle provincia, del Veneto si stringono attorno alla famiglia di Alì».
Poi conclude: «Marco era un bimbo sereno, pacato, lo conoscevano tutti, per questo oggi viviamo un grande dolore».
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