«Il simbolo del fallimento della politica»

Parlano i sindacalisti dei chimici: noi ci siamo battuti per una industria pulita, rilancio urgente senza speculazioni
Oggi il via all’abbattimento con cariche esplosive delle torri dell’impianto Vinyls di via della Chimica. Una demolizione in due giornata e che rappresenta un evento simbolo nella storia di Porto Marghera che festeggia i suoi cent’anni e vede aperti tutti gli interrogativi sull’area industriale del futuro prossimo. E il domani è questione urgente nelle analisi dei sindacalisti dei chimici, che per anni hanno seguito le vicende del Petrolchimico e attorno alle torri della Vinyls hanno organizzato assemblee, incontri, scioperi, mobilitazioni. Anche per loro l’abbattimento è un segno che non passa certo inosservato.


Il segretario dei chimici della Cgil veneziana,
Riccardo Colletti
oggi vuole assistere alle demolizioni. E ha il dente avvelenato. «Un evento che si vuole far passare per il fallimento della chimica. No, noi volevamo una industria pulita e un cambiamento senza traumi. Il chiudere cicli produttivi senza fare nulla fino ad oggi e vedere le aree MonteSyndial senza operai ma piene di container non è la Marghera che ci immaginavamo noi. E il fallimento non è nostro ma del mondo politico. Noi il nostro lo abbiamo sempre fatto, abbiamo scioperato, portato alla luce le difficoltà ma chiuse le aziende serviva un salto di qualità. Per il futuro, io ho sempre in testa l'industria e la chimica verde con cicli produttivi di miglioramento. Mi immagino una Marghera trasformata ma se si va avanti con tutte queste mancanze sarà difficile e queste aree saranno teatro di speculazioni ed omissioni come per le bonifiche che ricordo, sono fondamentali, anche per le grandi navi. E anche noi ora facciamo gli ambientalisti».


Massimo Meneghetti
, segretario provinciale Femca Cisl chiede una riscossa dal fallimento: «Cosa rappresentano per me queste demolizioni? Sono la sconfitta di un territorio, una sconfitta che chiama in causa tutti. Vinyls sembrava una azienda da rilanciare in qualsiasi momento e poi tutti, ripeto tutti, i tentativi sono andati falliti. Ora vedere andare giù le torce è la conferma del fallimento», commenta.


«Ma non possiamo stare qui a piangere. Come soggetti responsabili dobbiamo utilizzare questo evento e il centenario in modo positivo. Occorre aprire subito un dibattito serio sul rilancio di Porto Marghera e su quale industria vogliamo in futuro e spronare le imprese e Confindustria a fare la loro parte. Gli imprenditori si lamentano delle tasse ma manco uno investe qui. Grandi imprese come Eni, invece, diano seguito agli impegni assunti sulla chimica verde e presentino i progetti definitivi da portare avanti. Progetti che si intersecano con la bioraffineria. Ecco, questa è la direzione verso cui guardare. Le torce vanno giù e noi dobbiamo guardare altrove. Il passato è tale; è stato un fallimento. Ora serve la concretezza del futuro: abbiamo l’area di crisi di complessa. Facciamo piano di riconversione industriale e diamo risposte ai tanti disoccupati del territorio, quasi tutti dai 45 anni in sù».


Cristian Tito
(Uil chimici) più che dalle demolizioni delle torri si sente più coinvolto dalla «visione degli impianti industriali ridotti alla quota campagna. Un panorama che rattrista: gli impianti non ci sono più», ci dice. «È un pezzo di industria in meno nel nostro paese, non dovuto a questioni di fabbisogno ma alle scelte politiche che hanno devastato il tessuto industriale». Sul futuro di Porto Marghera, Tito è pessimista. «Ogni volta che c'era una iniziativa di rilancio, per un motivo o per l'altro, si è bloccata. Pensiamo al cracking. Si doveva chiudere per fare spazio alla chimica verde. Poi è tornato in marcia e la chimica verde è stata bloccata. Certo, gli studi vanno avanti, ci dicono, ma si è bloccata la costruzione di impianti industriali che potevano essere un futuro e richiamare aziende. Sia chiaro, è un bene che il cracking resti in marcia ma oggi avremmo dovuto avere anche la chimica verde, prevista sulla carta tra fine 2017 e inizio 2018. Invece è fortemente in ritardo».


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