Il sequestro dell’orafo era imminente
Il trampolino di lancio per passare da semplici ladri a rapinatori in piena regola per la banda di malviventi sgominata dai carabinieri del capitano Enrico Zampolli, sarebbe stato il colpo ai danni dell’anziano titolare del laboratorio orafo di Fossò. Gli arrestati (fra cui Cristofalo Cianciolo, 39 anni di Piove di Sacco, Manuel Fiorin, 21 di Arzergrande, Floriano Molena, 64, Morgan Onichini, 34, entrambi di Piove) avevano pianificato nei dettagli la rapina e il sequestro ai danni dell’uomo e della moglie.
C’era un’indicazione temporale che teneva gli investigatori sulle spine, quella “domenica” indicata come giorno del colpo, più volte ripetuta da Cianciolo mentre pianificava con i suoi complici l’intera operazione. I militari, vista l’età avanzata delle vittime designate di Fossò, non le avevano informate di quanto stava capitando. Nè di essere finite nel mirino dei malviventi, nè del fatto che non passava sera senza che i carabinieri tenessero sotto strettissima sorveglianza la loro abitazione, spesso a debita distanza dagli stessi malviventi impegnati nei sopralluoghi sul posto.
Un silenzio dettato dalla necessità di non provocare negli anziani cambiamenti nelle loro abitudini tali da instillare nei banditi il dubbio di essere stati scoperti.
La banda progettava di aspettare l’orefice e la moglie al ritorno dalla pizzeria dove solitamente vanno la domenica sera. Uno doveva rimanere in auto mentre altri due aspettavano che la coppia rientrasse e disattivasse l’allarme per sfondare la porta. Li avrebbero immobilizzati con manette o fascette. Puntavano alla cassaforte, ma non solo: «A uno tagli un dito e a uno la mano, orologio e anello», dice l’interlocutore di Cianciolo, il quale, in un altro momento, ipotizza un secondo piano: «Ti metti i cappucci, prenderanno la stradina, quella isolata, gli fai il sorpasso, ti fai tamponare. Loro scendono (...), io scendo, l’altro pure, giocattolino in bocca». Poi sempre il Cianciolo, chiedendo a Morgan Onichini se avrebbe partecipato alla rapina, raccomanda: «Sai come bisogna comportarsi dentro, da cattivi, pietà per nessuno».
Attendere di cogliere i malviventi sul fatto comportava un rischio troppo elevato per l’incolumità dell’orefice e della moglie, motivo per cui il Gip ha emesso d’urgenza le ordinanze di custodia cautelare in carcere. Dalla medesima ordinanza emerge anche il legame fra Cianciolo e i Castello, padre e due figli di Piove di Sacco in carcere da novembre con l’accusa di concorso in detenzione e fabbricazione di armi: nei telefoni di Mattia e Francesco Castello, i figli, c’era il numero di Cianciolo. Non solo: Riccardo Castello (il padre) ha chiesto di avere un colloquio in carcere proprio con Cianciolo, incontro che non autorizzato. E sempre Cianciolo ha confermato al gip che le munizioni di cui era stato trovato in possesso gli erano state date da Mattia Castello.
Le altre due rapine che la banda stava progettando erano ai danni dei titolari del Wok Sushi di Vigorovea a Sant’Angelo e di un orefice padovano, tutti bersagli che i carabinieri stavano tenendo sotto controllo.
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