«Il selfie sui binari? Ci facevamo le foto già sessant’anni fa»

Ettore Ascari ricorda il lontano agosto del 1958 a San Donà «Il bagno nel Piave era un rito e poi uno scatto con i treni»
Di Giovanni Cagnassi
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' DI P. - RAGAZZI SUL PONTE FF.SS SUL PIAVE E SULLA LINEA FERROVIARIA NEL 1974
COLUCCI - DINO TOMMASELLA - SAN DONA' DI P. - RAGAZZI SUL PONTE FF.SS SUL PIAVE E SULLA LINEA FERROVIARIA NEL 1974

“Amarcord” di un’estate degli anni ’50. Precisamente quella dell’agosto 1958. Allora non c’erano telefonini e tantomeno i “selfie”, ma già il ponte ferroviario affascinava i giovani che si facevano fotografare accanto ai binari e magari con il treno in arrivo. Così, dopo che i carabinieri di San Donà hanno rintracciato pochi giorni fa dei minorenni che si autoscattavano foto con il cellulare all’arrivo dei treni, pochi giorni fa, qualcuno si è messo a cercare nell’album dei ricorsi e ha ritrovato le vecchie foto un po’ ingiallite di quei tempi lontani. Intere compagnie di ragazzi, i più fortunati oggi 80 o 90enni che sono come entrati in una macchina del tempo che li ha catapultati in quei meravigliosi anni Sessanta.

E allora era tutto molto diverso, non c’era senso del pericolo o voglia di scherzare con la vita. «La spiaggia di Jesolo», racconta Ettore Ascari, pensionato oggi sulla soglia degli 80 anni, professionista noto in città, «era lontana e si andava tutti in riva al Piave. C’era persino chi affittava delle barche in zona. Poi piccole spiagge improvvisate sulle quali prendere i sole. E magari una scappatina sul ponte della ferrovia, sempre affascinante».

Non si lanciavano però sfide estreme, o per lo meno non ce ne rendevano conto. «A noi bastava mettere una moneta sulle rotaie per trovarla schiacciata come una foglia. Era un divertimento. Nessuno scherzava tra vita e morte, al massimo una foto con qualche fotografo esperto per immortalare quei momenti da brivido. Una foto con le braccia conserte, proprio con il treno lontano alle spalle, oppure tutti schierati a piramide sulle travi di ferro del ponte. Il Piave era fonte di vita e divertimento, scoperte infinite nella natura».

«Non c’erano ritrovi perversi», continua Ascari, «ma voglia di rilassarsi nel silenzio. Mai furti, lasciavamo tutto, vestiti, portafogli. Qualcuno si tuffava, è vero, dal ponte ed era un po’ pericoloso. C’erano persino palombari agghindati di tutto punto con lo scafandro e la pompa dell’aria sulla barca che si immergevano per cercare le mine della Grande Guerra sui fondali. Noi giovani non cercavamo altro».

Ma i vecchi, come si dice comunque con rispetto, sanno benissimo valutare come i tempi siano cambiati e degenerate certe abitudini e modi di giocare o divertirsi tra gli adolescenti. «Oggi veniamo a sapere di tutti questi ragazzi che invece attraversano i binari con il treno in corsa», conclude, «si scattano la foto per sfidare i convogli in arrivo fino all’ultimo istante. Queste cose non sono assolutamente da fare, i ragazzi vanno dissuasi con fermezza, insegnando loro che la vita è una sola e se si commette un errore grave non si può tornare indietro».

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