Il sapere antico di far barche nella Venezia che resiste
I maestri d’ascia Silvia Scaramuzza e Francesco Stenghel e il loro Squero Snc.
Il varo di dieci “mascarete” da regata: «Quel che sappiamo, lo dobbiamo a Crea»
VENEZIA. In due hanno lavorato sette giorni su sette e compiuto una vera e propria impresa di maestria e determinazione: realizzare in neppure cinque mesi, le dieci mascarete della nuova muta commissionata dal Comune di Venezia, per sostituire - dopo 25 anni - le barche sulle quali gareggiano le campionesse del remo. Pronte per scendere in acqua alla prossima Regata Storica.
Quasi neppure il tempo di festeggiare come si deve il successo di aver portato a termine una commessa storica - dopo il varo della scorsa settimana, allo Squero ex-Tramontin - che per i maestri d’ascia Silvia Scaramuzza e Francesco Stenghel è arrivato subito il momento di rimettersi all’opera.
«Giusto una pausa per Ferragosto, perché le famiglie ci reclamavano», sorride Silvia Scaramuzza, «ma siamo subito tornati al lavoro, perché per fortuna c’è molto altro che ci attende: quattro nuove gondole e un sàndolo. E poi, naturalmente, tutti i lavori di manutenzione che si presenteranno e che abbiamo continuato a fare anche in questi mesi, perché mica si possono lasciare a terra gondolieri e sandolisti che hanno bisogno di interventi sulle loro barche e che - per fortuna - ci vogliono bene e si sono rivolti a noi, anche se abbiamo rilevato lo squero solo da pochi mesi, a gennaio».
Avete lavorato a ritmi da Arsenale della Serenissima, che si diceva fosse in grado di varare una nave al giorno...come vi siete organizzati?
«Sono stati cinque mesi senza un giorno di pausa, ma alla fine possiamo dire essere riusciti a realizzare una “catena”», racconta la maestra d’ascia, «siamo partiti il primo aprile, realizzando le sagome per la prima imbarcazione, che poi ci sono servite anche per le altre mascarete. Abbiamo lavorato sempre, tutti i giorni, per consegnarle in tempo per la Regata Storica e, al contempo, far fronte agli altri lavori».
Quale legno avete utilizzato?
«Avevamo legni imposti dal bando: struttura in mogano e rovere; fianchi, coperta e fondo in compensato marino».
Dev’essere stata una grande emozione anche per voi, il varo della muta: cosa passa per la testa alla fine di una commessa così importante?
«Innanzitutto, abbiamo voluto dedicare questa muta a Gianfranco Vianello “Crea”, il nostro maestro, che tra l’altro - 15 anni fa - aveva realizzato l’ultima, precedente commessa del Comune, per una muta di caorline. Lui ci ha insegnato tutto, ci ha tramandato i segreti di questo mestiere antico: Francesco (Stenghel, maestro d’ascia e socio di Silvia Scaramuzza, ndr) ha lavorato con “Crea” per 17 anni, io per 8. Se siamo maestri d’ascia è grazie a lui e abbiamo voluto ringraziarlo così».
Il vostro è uno squero dalla tradizione antica: una responsabilità importante.
«Abbiamo rilevato a gennaio la parte produttiva dello squero Tramontin, perché ci sembrava davvero un peccato che questa storia di Venezia rischiasse di spegnersi. È stata, per noi, una decisione molto importante. È partito così un anno intenso, prima per riorganizzare lo squero come volevamo noi e poi per partire con questa commessa del Comune».
Che spazio c’è, nella Venezia di oggi, per un mestiere antico e sapiente come quello dei maestri d’ascia? Le barche in legno richiedono attenzione e amore anche da parte di chi le possiede.
«La risposta è stata molto positiva da parte dei gondolieri, anche se certo noi siamo nuovi in questo ambiente. Da gennaio, abbiamo già costruito un sandalo per un privato e ora abbiamo richieste per quattro gondole nostre. Niente ferie: quest’estate per noi è di lavoro».
Quanto tempo ci vuole per costruire una gondola?
«Per la prima un po’ di più, per impostare il tutto: poi circa due mesi e mezzo l’una».
Intanto, il debutto delle nuove mascarete n occasione della Regata Storica, il 4 settembre.
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