Il Rivolta: «Fare argine alle infiltrazioni naziste»
VENEZIA. Per il Centro sociale Rivolta, al quale appartengono venti dei trenta tifosi del Venezia, forze dell’ordine e magistratura hanno raccontato una storia costruita a tavolino che non corrisponde alla realtà, quella di uno scontro tra «opposti estremismi» per il controllo della curva allo stadio Penzo. «L’altra verità», si legge in un comunicato, invece, «è quella di un tentativo di infiltrazione, come del resto già accaduto in altri stadi italiani, di un gruppuscolo di neonazisti nella tifoseria dell’Unione Venezia». Le prove, sempre secondo quelli del Rivolta, stanno nelle «bandiere con il simbolo nazista che fanno da contorno al corredo di tirapugni, manganelli e lame, da sempre le armi degli infami. E quell’aberrante striscione che inneggia alla strage di migranti a Lampedusa. Con una firma inequivocabile, quella del Veneto Fronte Skinheads». Il gruppuscolo di estrema destra avrebbe incontrato «il silenzio compiacente della direzione della società calcistica, che ha fatto finta di non vedere, e quello di chi, allo stadio, ha sostenuto una neutralità che ha lasciato spazio alle infiltrazioni nazistoide. Sappiamo cosa altrove questo abbia significato: propaganda d’odio e il moltiplicarsi di episodi di violenza razzista». Per i giovani del Centro Rivolta non ci deve essere spazio e tolleranza per i gruppi neonazisti». E il comunicato termina con un appello antifascista.
Intanto, il giudice veneziano Marta Paccagnella, che ha firmato gli otto provvedimenti di obbligo di dimora nei comuni di residenze e gli undici di obbligo di presentazione due volte alla settimana ai carabinieri per i quattro esponenti di destra dei «Vecchi Ultras» e i quindici dei «Gate 22», ha fissato gli interrogatori di tutti per lunedì 14 ottobre: li sentirà tutti nella stessa giornata. Il magistrato non ha accolto la richiesta del pubblico ministero Lucia D’Alessandro, la quale aveva chiesto una trentina di provvedimenti e per alcuni aveva sostenuto la necessità della misura cautelare in carcere. La rappresentante della Procura ha già presentato appello al Tribunale del riesame soprattutto alla luce del materiale trovato durante le perquisizioni, in particolare nelle abitazioni degli esponenti della destra: coltelli, tirapugni, bandiere con le croci uncinate e celtiche e le schedature degli avversari politici. Il giudice delle indagini preliminari ha respinto le richieste di cattura anche sulla base del fatto che Matteo Zangrando dei Gate 22, arrestato il 21 ottobre scorso per l’aggressione in piazzale Roma con un martello nei confronti di Andrea Miglioranzi dei Vecchi Ultrà, dopo alcuni giorni di carcere per tentato omicidio era stato messo agli arresti domiciliari dal Tribunale del riesame e dopo alcuni mesi aveva ottenuto la scarcerazione con l’obbligo di presentazione ai carabinieri.
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia