Il red carpet come uno stadio Vasco e i sogni urlati dei fan

Assiepati sui ponti, aggrappati alla passerella. Il cinema fa spazio al rock
Di Manuela Pivato
Italian singer Vasco Rossi arrives for the premiere of the movie Decalogo di Vasco' at the 72nd annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 11 September 2015. The movie is presented in out of competition at the festival running from 02 September to 12 September. ANSA/ANDREA MEROLA
Italian singer Vasco Rossi arrives for the premiere of the movie Decalogo di Vasco' at the 72nd annual Venice International Film Festival, in Venice, Italy, 11 September 2015. The movie is presented in out of competition at the festival running from 02 September to 12 September. ANSA/ANDREA MEROLA

di Manuela Pivato

Più di Johnny Depp, molto più di George Clooney quando era ancora “signorino” e infinitamente più di chiunque altro sia passato in questi giorni sotto il cielo del Lido. Arriva Vasco Rossi e tutto - uomini, cose, illusioni, certezze - è travolto. Con l’intermittenza di un temporale estivo, un boato lo accoglie nella darsena dell’Excelsior dove si presenta con un’ora e mezzo di ritardo a bordo del motoscafo Lara, un’altra onda fragorosa lo investe sul red carpet dove improvvisa uno show buttandosi in mezzo ai fotografi, e una platea impazzita lo inghiotte tra grida disumane al suo ingresso in Sala Darsena.

Arriva Vasco e non ce n’è per nessuno. Fan, macchine fotografiche, blocchetti per gli autografi, cellulari, scalette, appostamenti, orari, percorsi, sicurezza: tutto finisce in un delirio collettivo che dura per l’intero pomeriggio in una coincidenza di eventi che vede incrociare il red carpet della Marcia degli uomini scalzi - «grande solidarietà a chi soffre e scappa. Se dovessimo scappare noi e ci chiudessero le porte in faccia, molti di quelli che parlano oggi in Italia starebbero zitti» dice - con quello di Valeria Golino e del cast di “Per amor vostro” di Giuseppe Gaudino.

Così, per merito della coincidenza, tutti si prendono anche il pubblico di Vasco, perché è per la rockstar che i fan sono in attesa davanti al Palazzo del Cinema fin dalle prime ore del pomeriggio, chi scegliendo addirittura di dormire la notte in sacco a pelo, chi provvisto di canna da pesca trasformata in maxi selfie stick, chi con le braccia tatuate con gli autografi di Vasco.

In cinquemila, appostatati tra i cespugli in darsena e poi arrampicati su ogni tipo di scala, scaletta o spalle robuste, lo accolgono ballando al ritmo delle sue canzoni che gli altoparlanti sparano a mille non appena Vasco - completo di lurex nero, cappello e occhiali da sole - appoggia la sneaker d’argento sul red carpet. Mezz’ora di show con l’irruenza da palcoscenico, prima buttandosi in mezzo ai paparazzi per farsi fotografare con loro, poi firmando autografi su fogli di carta, magliette, avambracci, mani, guance, quindi presentandosi al presidente della Biennale Paolo Baratta che sui quei cento metri di tappeto rosso ha visto di tutto; ma questa, poi. Vasco che corre da una parte all’altra come una scheggia impazzita dimostrando che i suoi 63 anni sono un optional. Presentato infine il cast del documentario di Fabio Masi “Il decalogo di Vasco”, Vasco si ritira nella sua camera all’Excelsior in attesa della proiezione del documentario in Sala Darsena. E qui ricomincia: dopo una gag sugli sgabelli - li prova tutti prima di scegliere quello su cui sedersi - esordisce: «Sono un attore a mia insaputa, sono un attore inconsapevole» confessa «con Masi ci siamo capiti al volo e dopo un po’ me lo trovavo ovunque: girando un video, facendo allenamento. Poi mi ha detto: ho fatto un film. Io non l’ho ancora visto, ma sono sicuro che sia un capolavoro» garantisce bevendo un bicchiere di bianco, salvo poi confessare di averne visti degli stralci «ha colto il vero Vasco» asicura prima di compiacere i fan che Masi definisce «devoti». Quindi il rocker aggiunge chiedendo il cartonato con la sua immagine: «Sarebbe utile, visto che tutti vogliono una foto con me» aggiunge mentre i fan reclamano, vociano, cantano e gli chiedono di unirsi a loro - «lo faccio solo quando sono ubriaco» scherza ancora - e poi gigioneggia «con Johnny Depp siamo amici, ma anche con De Niro», quindi ammette che per lui «la musica è una grande consolazione».

Infine cena blindatissima sulla terrazza del Palazzo del Cinema dove Tino Vettorello ha potuto finalmente servire la sua “orata spericolata” su un laghetto di rucola e accompagnata da un peperone riempito di verdurine fresche a simboleggiare il suo pubblico. Tenuto segreto fino all’ultimo l’albergo: forse Villa Franchetti o Villa Margherita a Mira.

(hanno collaborato

Michele Bugliari

e Alberto Fassina)

Riproduzione riservata © La Nuova Venezia