Il radicchio di Chioggia Igp va all’asta sottocosto
CHIOGGIA. Radicchio “svenduto”, le quotazioni non ripagano i costi di produzione. Situazione drammatica per gli ortolani che stanno vendendo il radicchio tardivo a 10 centesimi al chilo a causa della produzione abbondante e delle imitazioni che vengono preferite dalla grande distribuzione. A lanciare l’allarme è Confagricoltura Chioggia che richiama l’attenzione sull’importanza di allargare il bacino di produttori di radicchio di Chioggia Igp, sfruttando fino in fondo la certificazione. Che il radicchio di Chioggia subisca la concorrenza sleale di radicchi tondi generici prodotti ovunque, anche all’estero, non è una novità. Nel mercato arriva di tutto e il consumatore spesso sceglie in base al prezzo, trascurando la provenienza o il valore aggiunto di un marchio di qualità. Se poi ci si aggiunge la sovrapproduzione dovuta alle condizioni meteo degli ultimi mesi la situazione diventa ancor più drammatica.
«Siamo contenti del prodotto», spiega Nazareno Augusti, produttore e segretario di Confagricoltura Chioggia, «che sta crescendo con colori belli e quantitativi abbondanti, ma purtroppo i prezzi sono in caduta libera. Siamo a metà del raccolto del tardivo, partita a settembre, e a dicembre le quotazioni sono scese a 10 centesimi al chilo, molto al di sotto dei costi di produzione. Un crollo dovuto alla sovrapproduzione e all’immissione sul mercato di radicchio tondo generico che viene confuso con il vero prodotto Igp».
In media il radicchio viene “battuto” a 45 centesimi il chilo, ma la varietà precoce (prodotta solo in due Comuni) raggiunge anche gli 80 centesimi, garantendo guadagni buoni. Gli agricoltori continuano comunque la raccolta del tardivo sperando di conquistare fette di mercato sempre più ampie. Il vero nodo da sciogliere però rimane la scarsa adesione delle aziende orticole al Consorzio di tutela del radicchio di Chioggia Igp, seguendo il disciplinare che impone le regole di produzione per ottenere la certificazione. I dati in questo momento sono impietosi: a fronte di una produzione di 600.000 quintali l’anno il radicchio Igp arriva solo a 1.380. Una goccia nel mare che si traduce nella difficoltà di reperimento di prodotto certificato non solo negli scaffali della grande distribuzione, che pare preferire il tondo generico, ma anche nei negozi sottocasa e addirittura al mercato ortofrutticolo. «Dobbiamo insistere sul prodotto a indicazione geografica protetta», rimarca Augusti.
Quello del radicchio è un caso tipico. Altri prodotti agricoli invernali sono stati battuti a prezzi molto bassi, ma poi al dettaglio si assiste invece a continui aumenti e la verdura è una delle voci più care sulla tavola delle famiglie.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia