Il rabbino di Venezia: «Noi non toglieremo la kippah»

Scialom Bahbout detta la linea dopo le aggressioni in Francia ad ebrei con il tradizionale copricapo religioso.
Episodio di intolleranza denunciato nei pressi di Santa Lucia: «Sono stato minacciato in lingua araba»
La kippah di un ebreo chassid
La kippah di un ebreo chassid

VENEZIA. «Mi trovavo nei pressi della stazione ferroviaria Santa Lucia quando mi si è avvicinato un uomo, un arabo, che con tono minaccioso mi ha insultato indicando la mia kippah (il copricapo simbolo della cultura e della religione ebraica). A quelle parole non ho risposto e ho tirato dritto. È la prima volta che mi succede. Ne parlerò al rabbino capo della Comunità ebraica Scialom Bahbout». L’episodio è successo giovedì 14 a S.C., veterinario originario di Cagliari e domiciliato in città. A S.C. è subito venuto in mente quello che è successo a Marsiglia, dove il presidente del concistoro ebraico, dopo la terza aggressione a un ebreo, ha chiesto ai correligionari di togliersi la kippah per ragioni di sicurezza. «Anche qui forse sta cambiando qualcosa» commenta il veterinario «Anni fa non conoscevo Venezia e giravo con una mappa. Il clima era di grande cordialità, tutte le persone erano cordiali, non vorrei cambiasse qualcosa».

S.C. spiega che finora ha sempre indossato la kippah. «Finché si può ancora fare preferisco metterla, certo se ad ogni passo devo rischiare coltellate la toglierò. La sicurezza della vita è più importante. Nel pensiero ebraico c’è una corrente diversa: dice di distribuirla in giro per farla indossare a tutti».

Sulla questione interviene senza esitazioni il Rabbino capo della Comunità ebraica Scialom Bahbout. Le sue parole sono ferme, cita il Papa: «Non solo gli ebrei devono andare con la kippah, ma tutti devono indossarla seguendo anche l’esempio di Papa Francesco. Questa è la soluzione: tutti con la kippah come il re della Danimarca e l’intero popolo che a suo tempo con coraggio si misero ben visibile sui cappotti la stella gialla rifiutandosi così di introdurre l’obbligo per i soli ebrei di portarla perché non ci deve essere discriminazione. Se si arriva a questo punto hanno vinto gli altri. So che è una provocazione, ma alle provocazioni si risponde con un tono altrettanto provocatorio».

Nicola Giunta, calabrese, ingegnere, da pochi mesi abita in laguna, non sottovaluta la questione. «È inutile dire che la kippah non è un problema. Sta diventando un problema di sicurezza perché non si sa mai chi si incrocia per strada. Io la porto, non nei luoghi di lavoro. Personalmente per ragioni di sicurezza la sostituirei con un cappello. Quando c’è il dubbio o non si mette o si copre».

Di differente opinione è Yehudah Nuson Leib Cristofoli. Il cinquantenne veneziano non solo ha la kippah, anche altri segni ebraici, quali i tzitziot (frange) e i peyot (lunghi riccioli ai lati del viso). «Sono un Chassid, il primo e unico in città e la kippah la tengo» afferma deciso «Nascondendosi non aumenta la sicurezza, si si indebolisce davanti a se stessi e di fronte agli altri. Una persona deve essere quella che è. Se questi malvagi vogliono colpire è sufficiente sfogliare l’elenco telefonico. Piuttosto la Francia ha un problema che deriva dall’Illuminismo: non accetta Ebraismo e Islam».

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