Il progetto del Palais Lumière Brugnaro a Cardin: «Parliamone»

Il sindaco era sempre stato favorevole e la torre si inserirebbe nel contesto della città verticale Il nipote dello stilista frena: «È soltanto un sogno dello zio». Ma intanto si aprono nuovi scenari
Di Mitia Chiarin ; di Mitia Chiarin

Giugno 2013: a sorpresa arriva l’annuncio dopo mesi di attese, confronti, scontri e polemiche. C’è l’addio al progetto del Palais Lumière di Pierre Cardin, operazione immobiliare che avrebbe dovuto far entrare nelle casse comunali, con la cessione dei terreni, almeno 40 milioni di euro.

Giugno 2016: quando tutto pare dimenticato ci pensa di nuovo lui, Monsieur Cardin, alla Fenice, per presentare il suo spettacolo, a riesumare la mega torre da 255 metri tra il cavalcavia di Mestre e via delle Macchine: «Il progetto non è finito, è sotto la paglia; forse non lo vedrò costruito, ma si farà», ha detto ai giornalisti. «Voglio farlo a Venezia», ha ribadito, «perché ho qui i miei natali e sarebbe una bella cosa che la rinascita, a Venezia, partisse da qui. Non ho mai pensato di modificarlo: è in altezza, non orizzontale. E l'amministrazione l'ha già accettato, così come i capitali necessari, ma i problemi sono altri». E a quanti dalla Cina, dall’Arabia o dal Giappone gli hanno chiesto quel progetto, lui ha finora detto di no. «L’ho pensato per Venezia e voglio che sia a Venezia, oppure che non sia da nessuna parte».

Quanto basta per vedere riaccendersi le speranze di quanti quel progetto lo hanno sostenuto, costituendo anche comitati pro Palais Lumière. Il sindaco Luigi Brugnaro non può tirarsi indietro. Nel 2012 da presidente di Confindustria, aveva sostenuto quel progetto e, anzi, aveva proposto a Cardin, di assumere gli operai di Porto Marghera, rimasti senza lavoro. «A Cardin dico: parliamone. Vediamoci, venga ad illustrarmi il progetto, per capire a che punto siamo», commenta il primo cittadino.

Per Brugnaro, che ama l’architettura e la città verticale e punta a progetti di riqualificazione della città, «quel progetto va ripreso in considerazione». E quindi le porte di Ca’ Farsetti si aprono al dialogo con Cardin. Lo stesso messaggio lo manda l’assessore all’Urbanistica, Massimiliano De Martin. «Tutti i progetti con una sostenibilità economico-finanziaria certa e che servono a rilanciare Porto Marghera, sono i benvenuti. Le nostre porte sono aperte».

Ma attenzione, le cose non stanno proprio in questi termini. A frenare gli entusiasmi ci pensa Rodrigo Basilicati, il nipote designer di Cardin, che ha seguito passo passo il progetto. «Non abbiamo affatto l’idea di ripresentare il progetto, le parole di mio zio non sono state comprese, lui parlava del suo sogno. Di certo, a 93 anni non si mette a ripresentare un simile progetto. A meno che qualcuno non lo chieda. Mi spiego: dovrebbe essere il Ministero a venirci a dire che oggi tutto è a posto, ci sono le autorizzazioni di massima per poter davvero realizzare il Palais. Condizioni che non mi pare ci siano. Non ci si muove più se non è tutto codificato, scritto, messo nero su bianco».

Insomma, per ora non si va oltre al libro dei sogni, che a Venezia tante volte è stato aperto.

Nel 2013 era stato proprio Basilicati ad annunciare l’addio al progetto del Palais Lumière con la rinuncia all’accordo di programma del 21 dicembre 2012 sottoscritto con Comune e Regione per realizzare il grande progetto, nato dallo schizzo di un vaso di fiori. L’annuncio allora fu chiaro: «La scelta si è resa inevitabile dopo che, a oltre due anni e mezzo dalla presentazione dell’iniziativa, non è stato possibile concludere la procedura con l’approvazione formale di un accordo con tutte le amministrazioni pubbliche coinvolte». Ostacoli al progetto in due anni e mezzo ce ne sono stati tanti: prima il vincolo Enac sulle altezze, poi tolto; poi la scoperta di un vincolo paesaggistico del ministero dei Beni culturali mai fatto valere né applicato, e che valeva dalla battigia per 300 metri anche a Mestre. Poi lo scadere dei termini massimi di efficacia dei contratti di prelazione per l’acquisto delle aree di sei proprietari di terreni e le polemiche con il Comune, retto da Orsoni, per l’acquisto dei terreni comunali, necessari per arrivare alla quota del 51%. Al punto che in città ci fu chi mise in discussione che Cardin avesse i fondi per una simile avventura, costo stimato due miliardi di euro. E tutto si è fermato, tre anni fa, davanti alla richiesta di valutazione ambientale strategica in Regione.

E oggi? Nuovi scenari in vista, che potrebbero essere a Venezia intesa però come Città metropolitana. Jesolo, per esempio.

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