Il procuratore capo Cherchi: «Lasciamo lavorare la Finanza»
VENEZIA. «Ora che sono stati sequestrati i documenti e i supporti informatici nel corso delle perquisizioni, è necessario lasciar lavorare la Guardia di Finanza». Il procuratore capo di Venezia Bruno Cherchi fa capire che, sull’inchiesta che ha travolto la cooperativa Edeco, ora sarà necessario attendere che i militari delle Fiamme Gialle analizzino tutto il materiale sequestrato nel corso delle 16 perquisizioni a carico dei sei indagati. Materiale, questo, che potrebbe fornire agli inquirenti conferme sulle ipotesi di reato o nuove piste investigative da scandagliare. Al momento le persone iscritte sul registro degli indagati sono sei. A Sara Felpati, presidente della cooperativa Edeco, al marito Simone Borile in qualità di responsabile tecnico, all’ex presidente di Ecofficina (ex Edeco) Gaetano Battocchio e alla consigliera di amministrazione Annalisa Carraro, la Procura contesta il reato di associazione per delinquere finalizzata alla frode in pubbliche forniture. Al setaccio degli inquirenti sono finiti, per il momento, la qualità dei pasti, il sovraffollamento delle strutture, i corsi di italiano, la pulizia. Tutti aspetti, questi, denunciati in più riprese dai migranti con le manifestazioni culminate con il corteo di novembre. In particolare la Procura vuole chiarire se vi siano stati dei guadagni illeciti da parte della cooperativa nel non aver osservato alla lettera il contratto stipulato con lo Stato per la gestione della ex base.
Indagati anche due funzionari della Prefettura di Venezia per rivelazione del segreto d’ufficio. Secondo l’accusa formulata dal procuratore aggiunto Adelchi d’Ippolito e dalla sostituto procuratore Lucia D’Alessandro, i due avrebbero avvisato in anticipo i responsabili della Edeco delle visite di ispezione che invece sarebbero dovute essere a sorpresa proprio per valutare la qualità del servizio garantito ai migranti.
«Questa inchiesta è l’ennesima prova che quanto Usb denuncia da anni è purtroppo vero: la logica emergenziale che domina il sistema di accoglienza gestito dal Ministero degli Interni non solo porta a creare mostruosità come il campo di Cona, in cui sedicenti cooperative si arricchiscono sulla pelle dei richiedenti asilo, ma favorisce anche la criminalità organizzata», denunciano dall’Unione sindacale di base, «Di fonte a questo ennesimo scandalo, Usb ribadisce che l’accoglienza deve essere gestita dal pubblico e non dal privato, dai Comuni e dalle amministrazioni locali e non da pescecani e sfruttatori in cerca di facili profitti. Le risorse per l’accoglienza devono essere spese a km zero, utilizzando le risorse presenti nel territorio, assumendo disoccupati, ripristinando scuole e servizi pubblici».
Rubina Bon
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