Il primario Sala rientrato in Italia: «Qui in ospedale mi sento a casa»
MESTRE. Il reparto di Ortopedia nel quale è ricoverato si trova al quarto piano dell’Immacolata Concezione. L’ingresso è lo stesso, ironia della sorte, del reparto che normalmente dirige, come testimonia la targhetta di acciaio appesa alla parete.
Occupa un letto in una stanzetta tenuta nella penombra, come un paziente qualsiasi, che solo una porta socchiusa divide dal corridoio principale e dall’andirivieni pomeridiano dell’orario di visite.
Tito Sala è arrivato a Piove di Sacco due giorni fa, direttamente in ambulanza dall’ospedale di Spalato, in Croazia, nel quale era stato elitrasportato dopo il grave incidente occorsogli mentre era in vacanza sulla costa dalmata. Un viaggio tra l’altro travagliato a causa di intoppi lungo le strade balcaniche.
«Lavoro in questo ospedale da ventisette anni» dice con serenità il medico mestrino, primario di Otorinolaringoiatria a Piove «e per me è come essere a casa».
Il primo pensiero va naturalmente a quali siano le sue attuali condizioni. In Croazia ha già subito un delicato e lungo intervento di ricostruzione della gamba sinistra, testimoniata dall’evidente fissatore applicato all’arto appoggiato a un cuscino. «In queste ore», racconta, «ho avuto un consulto e probabilmente dovrò essere operato ancora perché sono rimasti dei frammenti».
Il cellulare sul comodino vibra. L’ennesima chiamata di chi, in apprensione, si accerta delle sue condizioni. Che effetto fa per un medico “trovarsi dall’altra parte”?
«A dire la verità non è la prima volta che mi capita» confessa con un mezzo sorriso. Il volto è disteso anche se inevitabilmente provato. E ci mancherebbe, per uno che ha visto in faccia la morte. Tito Sala ha 64 anni. È padovano di nascita ma ormai una quarantina d’anni mestrino d’adozione. Alla professione medica affianca quella di docente universitario.
La mattina di domenica 13 agosto si trovava a fare il bagno al largo dell’isola di Hvrar. Mentre stava risalendo la scaletta del catamarano, il capitano ha acceso il motore del natante facendogli perdere l’equilibrio.
In acqua è stato ferito gravemente dall’elica della barca che gli ha maciullato la parte inferiore della gamba sinistra. L’attesa dei soccorsi è stata piuttosto lunga e solo la sua freddezza ed esperienza medica gli hanno permesso di non morire dissanguato. Nonostante il forte calo di pressione è riuscito a non perdere coscienza, a tenersi sempre la gamba attaccata con una mano e a tamponare la ferita con lacci e asciugamani.
I colleghi croati, in sala operatoria, gli hanno ricomposto la frattura di tibia e perone e ricostruito l’arteria tibiale. Ha già avuto modo di ringraziarli pubblicamente per la loro professionalità e abilità, forti per alcuni della non invidiabile esperienza maturata necessariamente nell’ultima guerra che ha coinvolto l’ex Jugoslavia.
Dopo qualche giorno doveva essere trasportato in elicottero in Italia ma il trasferimento era stato bloccato perché era ancora elevato il rischio di infezione. Di bagni al largo Tito Sala al momento non ne vuole neanche sentire parlare. Il suo pensiero è tutto rivolto al lavoro e alla possibilità di potere indossare nuovamente il camice quanto prima.
«Ne avrò per almeno un paio di mesi» dice «con la speranza di potere rientrare quanto prima. Quando si esercita questa professione con tanta passione, tutto il resto passa in secondo piano». E qui sono davvero in tanti ad attendere il suo ritorno.
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