Il preside: "Basta WhatsApp. 500 al giorno sono troppi"
MESTRE. Cinquecento beep al giorno, uno dopo l’altro, quasi senza sosta. È questa la media dei messaggi che gli studenti di prima superiore ricevono su WhatsApp in un solo pomeriggio. Il conto è stato fatto dagli alunni dei licei Bruno (scientifico) e Franchetti (classico) di Mestre su richiesta del dirigente scolastico Roberto Gaudio.
«Se supponiamo una media di una ventina di secondi per leggere i messaggi» spiega il preside dei licei mestrini «viene fuori che il tempo passato sul cellulare dai ragazzi è vicino alle tre ore. Come fanno a studiare?». Il dato è spaventoso, ma sono stati proprio i ragazzi a svolgere questo particolare compito a casa e a riportare i numeri.
«Ho visto che in questi giorni si parla della chat su Whatsapp tra genitori e insegnanti» prosegue Gaudio «ma io sono molto più preoccupato delle chat che ci sono tra i ragazzi e di come queste chat influiscano sullo studio e sulla concentrazione». È già un anno che il preside dei licei incontra all’inizio dell’anno scolastico i genitori per informarli di quanto le chat abbiano peggiorato il già negativo effetto del cellulare sui giovani.
«Sconsiglio a tutti gli insegnanti di mettersi nelle chat su WhatsApp» afferma «ma se la chat è tra adulti allora mi preoccupa di meno. La scuola ha appositi luoghi dove genitori e insegnanti posso parlare e incontrarsi e comunque, se venisse fuori un problema nella chat stiamo parlando di adulti. Quello che è preoccupante sono le chat dei ragazzi. C’è quella dello sport, quella degli amici, quella dei compagni di classe e tante altre. Ognuno scrive, tutti rispondono e commentano e il risultato è che la concezione del tempo viene distorta».
Anche se si butta un occhio veloce per vedere cosa risponde l’amico, comunque l’attenzione viene tolta da quello che si sta facendo ed entra in un non luogo che è quello della comunicazione via telefono. Poi quando si ritorna sui libri non è così automatico riprendere il filo del discorso e nemmeno ripetere una lezione, dato che si viene intervallati dalle notifiche continue.
«Chiedo sempre ai genitori di fare una prova e di trovare la modalità contrattuale idonea con i propri figli per garantire almeno tre ore di studio» racconta Gaudio «In questo modo rimane tempo a loro stessi di vedere gli amici dello sport o di altre attività dal vivo e non via telefono». Così la chat diventa una trappola: si scrive perché si ha voglia di stare connessi, si ritarda e peggiora lo studio e si consuma il tempo per uscire fisicamente con gli amici e magari ci si riduce a usare ancora di più la WhatsApp. «Le chat sono utili per scambiarsi delle informazioni» conclude Gaudio «ma un adulto lo può capire, un ragazzo ha bisogno che qualcuno dia dei limiti».
Per adesso a Venezia non ci sono stati casi segnalati di un uso inappropriato dell’applicazione da parte degli insegnanti, ma molti presidi concordano che se ci fossero casi di questo tipo è bene togliersi. «La scuola offre delle sedi dove si può parlare faccia a faccia» aggiungono i presidi Roberto Baretton dell’Istituto Comprensivo Morosini e Gabriella Marinaro del Franca Ongaro «Quindi è auspicabile che si usino quelle anche per non creare fraintendimenti».
Anche i genitori non ne possono più: «Bisogna usarle come luogo per informazioni di servizio altrimenti diventa uno stress» spiega Matella Manni, già rappresentante di classe «Se uno dà un’informazione non occorre che tutti rispondano e commentino. Bisogna darsi quella che nel linguaggio di Internet si chiama netiquette». La netiquette fa parte del galateo del web, ma non è disciplinata da nessuna legge. «Si creano di continuo fraintendimenti» prosegue Manni «e c’è una tendenza a brontolare e a lamentarsi, per questo ci vuole una netiquette in modo che ci siano delle regole interne e si usi l’applicazione esclusivamente come canale di comunicazione a senso unico». Insomma, alla fine parlare a voce rimane ancora il modo migliore per capirsi e venirsi incontro.
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