Il più grande centro climatico d'Italia inaugurato a Venezia
VENEZIA. Si chiama CMCC@Ca'Foscari ed è il più grande centro accademico di ricerca sui cambiamenti climatici in Italia, nasce dalla partnership strategica tra Università Ca' Foscari Venezia e la Fondazione CMCC - Centro Euro-Mediterraneo sui Cambiamenti Climatici. Con sede al VEGA, la task force multidisciplinare vede lavorare insieme climatologi, economisti, chimici, statistici per mettere in piedi ricerche nazionali e internazionali sull'interazione tra il clima, l'ambiente, l'economia e la società.
Il Centro si caratterizza per un'attività di ricerca fortemente interdisciplinare, spaziando dal paleoclima all’analisi degli impatti dei cambiamenti climatici, dalla gestione delle risorse idriche a quella dell’energia, alla gestione del rischio da disastri naturali, dalle valutazioni economiche delle conseguenze del cambiamento climatico alle relative proposte di policy, sia a livello nazionale che internazionale.
A Venezia sono arrivati dottorandi da tutto il mondo per diventare esperti di cambiamenti climatici: 24 le nazionalità degli studenti, un terzo provengono da paesi extraeuropei. Negli otto cicli finora conclusi il dottorato ha formato 50 dottori di ricerca che hanno poi trovato impiego nelle università, in enti di ricerca e in organizzazioni di tutto il mondo.
Tra i vari interventi, anche quello di Carlo Barbante, direttore dell’Istituto per la dinamica dei processi ambientali del Consiglio nazionale delle ricerche (Idpa-Cnr), professore a Ca’ Foscari e docente del PhD promosso da Cmcc@CaFoscari, che ha presentato le prospettive di ricerca sui Artico e Antartide. «I Poli sono importanti perché contengono informazioni uniche sul sistema Terra, determinano il bilancio energetico terrestre e la distribuzione delle masse d’acqua negli oceani, sono le aree più colpite dal cambiamento climatico dovuto all’uomo a causa del fenomeno di amplificazione di cui risentono. Tre le azioni urgenti ai Poli: collegare il sistema climatico polare al contesto globale, comprendere i limiti fino ai quali ci possiamo spingere nel formulare solide previsioni sui cambiamenti futuri delle regioni polari, studiare gli impatti su scala regionale e percorsi di adattamento in risposta al cambiamento climatico polare».
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