Il Pd ora chiede aiuto a Renzi Martina: «Urge cambio di passo»
Ieri l’assemblea metropolitana del Partito democratico: Scattolin non svela i nomi della segreteria allargata e attacca Zaia e Brugnaro. Appelli al nazionale per «essere legittimati e tornare a vincere»
Assemblea metropolitana del Partito Democratico, non troppo affollata, ieri a Quarto d’Altino con il ministro Maurizio Martina, vicesegretario nazionale del partito. Le parole d’ordine del dibattito sono due. Legittimazione: quella che il Pd veneziano chiede al partito di Renzi, dopo i giorni difficili dello scandalo Mose. E c’è il «cambio di passo», invocato dal vice Martina in vista della conferenza programmatica di inizio ottobre che delineerà il percorso verso le Politiche del 2018. In primavera in provincia si eleggono i sindaci di San Donà, San Stino, Martellago e Pianiga. Tre amministrazioni su quattro in mano al Pd.
«Assieme ce la possiamo fare», dice la segretaria Gigliola Scattolin. Ieri avrebbe dovuto annunciare i nomi della nuova segreteria, volutamente allargata ad una dozzina di componenti. Ma tutto è stato rinviato. «Ci vuole il passaggio in direzione, che si svolgerà entro i primi giorni di ottobre», precisa poi la Scattolin. Veti sui nomi? Emanuele Rosteghin, voce dell’ala orlandiana si chiama fuori: «Noi siamo pronti ad un impegno collegiale se l’obiettivo è riportare al centro del lavoro del partito i temi forti, le battaglie per la città». E contesta un tesseramento tra luglio e settembre dopo quello chiusosi a febbraio.
Nella relazione di apertura la Scattolin spiega: «Dobbiamo ripartire dal tesseramento e dai congressi per parlare al territorio». Vuole un Pd alternativo a Regione e Città metropolitana a trazione centrodestra. E lancia stoccate a Zaia e Brugnaro: «Zaia si sta confermando un grandissimo comunicatore del nulla», dice. «Venezia», invece, «è una città che, nonostante i proclami, si è fermata. Dal “Ghea podemo far” al “Tiremo a campare” il passo è stato fin troppo breve».
Dagli iscritti emerge anche il collettivo appello al vicesegretario nazionale ad aiutare un dialogo vero, tra partito locale e nazionale. Una legittimazione che ora appare doverosa, dopo la sentenza sullo scandalo Mose.
«I danni politici di quella vicenda restano e ci serve un aiuto perché siamo in difficoltà», ricorda Alessandro Baglioni. «Noi il patto per Venezia, tra Renzi e Brugnaro, lo abbiamo subìto. E su porto e aeroporto stiamo alla finestra mentre i tavoli si tengono a Roma, lontano». Rosteghin incalza: «Abbiamo perso a Salzano e Marcon perché la politica fatica, per il calo degli iscritti, per incapacità di essere alternativi. A Venezia il partito va legittimato. Invece ministri vanno a bussare alla porta di Brugnaro e un sindaco, a Mira, resta per ore sulla Romea ad attendere Delrio». Nicola Pellicani spinge per il dialogo a centrosinistra, senza guardare al centro: «L’assoluzione di Orsoni restituisce dignità al partito ma ora serve un nuovo partito e una nuova classe dirigente. E dobbiamo farci promotori di un grande progetto per le elezioni del 2020 confrontandoci con un nuovo centrosinistra. Non è Alfano l’interlocutore». «Se c’è un ente mai toccato dallo scandalo Mose quello è il Comune di Venezia», ribadisce Andrea Ferrazzi, impegnato a Roma per Venezia, alla faccia delle critiche del sindaco, «ma ora chiediamo aiuto al nazionale: serve supporto costante per vincere le prossime elezioni». Venezia, del resto, «è un pezzo di strategia nazionale e solo comprendendolo potremo riprenderci la città», dice il sottosegretario Pier Paolo Baretta mentre la parlamentare Sara Moretto chiede che alla «conferenza programmatica si dedichi spazio a Venezia». Martina alla fine sprona «a sfidare la leadership di Zaia e Brugnaro, fatta di demagogia». Promette ascolto e aiuto. E parla del referendum sul Veneto autonomo di ottobre: «Noi preferiamo il modello emiliano romagnolo: autonomia che si siede al tavolo del confronto con lo Stato. Quello di Zaia e Maroni è un modello maledettamente vecchio».
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