Il patriarca taglia il Marcianum e destina i fondi ai poveri

Monsignor Moraglia chiude i costosissimi istituti teologici voluti dal predecessore Angelo Scola la cui gestione era finita nell’inchiesta sul Mose e i fondi neri: «Il denaro da sempre affascina l’uomo ma devo pensare alle famiglie in difficoltà e ai disoccupati». La decisione ha avuto il plauso di Papa Francesco. Caso tangenti: Chi ha sbagliato si faccia da parte e rifletta

VENEZIA. Addio al “Marcianum”, il gigantesco “studium” voluto dal precedente patriarca e attuale arcivescovo di Milano Angelo Scola, istituzione finita nell’inchiesta sulle tangenti pagate dal Consorzio Venezia Nuova, concessionario unico per il Mose e i lavori di salvaguardia. L’attuale patriarca Francesco Moraglia di fronte al “buco” creato dal Marcianum nei bilanci della diocesi ha proposto a Scola di finanziarlo. Scola ha rifiutato e il patriarca Moraglia, con l’esplicito avallo di Papa Francesco, ha deciso di ridimensionarlo ai minimi termini.

Addio quindi al costosissimo Convitto internazionale e agli altrettanto dispendiosi Facoltà di Diritto Canonico, l’Istituto Superiore di Scienze Religiose, con decine e decine di docenti di fama provenienti da tutto il mondo. Una decisione obbligata per evitare il crac del Patriarcato di Venezia, che segue di un anno la chiusura del “Liceo Giovanni Paolo I”, in pratica un doppione del ben più antico Istituto Cavanis, che era stato aperto sempre da Scola pochi anni fa.

Istituzioni tutte di notevole spessore, ma poco calibrate dal punto di vista economico in una comunità cattolica esigua come quella veneziana e che giocoforza si sono dovute appoggiare su sponsor e, come farebbero risultare le carte sequestrate nel corso dell’inchiesta sulle tangenti Mose, anche a quelli che si sospetta essere “fondi neri” generati dal Consorzio Venezia Nuova, chiamato a vario titolo da Scola nella fondazione del Marcianum.

Di fronte a quest’intreccio di interessi che ben poco hanno a che fare con la fede Moraglia aveva sin da subito lanciato chiari messaggi. Sin dal momento del suo ingresso in Basilica di San Marco aveva spiegato di “avere bisogno di opere di fede più che di grandi esperti teologi” e poco dopo, di fronte al disastro creato dalla gestione dell’era Scola nei conti della diocesi, aveva dovuto giocoforza cominciare a limare. Un’azione che aveva preso vigore con la scoperta da parte di Moraglia delle carte portate a galla dall’inchiesta della magistratura.

In una lunga intervista al settimanale diocesano “Gente Veneta”, in edicola sabato 19 luglio, il patriarca Moraglia ricostruisce passo dopo passo i tentativi di salvataggio di alcune delle attività dello Studium Generale Marcianum. Il patriarca spiega di essersi rivolto prima di ogni decisione «Alla Congregazione per il Clero, il dicastero competente in materia e poi, data la delicatezza della situazione e per le persone coinvolte - e penso ancora ai dipendenti -, ho voluto riferirmi anche alla Segreteria di Stato. Non ho voluto solamente trattare la questione a voce ma ho avuto uno scambio epistolare e, in una lettera del 19 giugno 2014, viene approvato l’orientamento che stava progressivamente emergendo. E ho anche seguito il consiglio di informare il Santo Padre».

Quindi lo stesso Papa Francesco ha dato il via libera al ridimensionamento della pachidermica istituzione. Quindi l’offerta fatta direttamente a Scola, il fondatore, a capo dell'immensa arcidiocesi di Milano, poteva continuare a finanziare la sua creatura. Ma Scola ha prontamente rifiutato l'offerta. «Mi sono recato personalmente a Milano col vicario generale e ho chiesto al Cardinale se lui - che è il “padre” e il fondatore del Marcianum - di fronte al venir meno degli sponsor e alla luce dei recenti fatti veneziani intravedeva strade che io non riuscivo a scorgere. Soprattutto gli ho domandato se intendeva farsi carico della “sua” antica creatura, spiegando a Sua Eminenza che la Diocesi di Venezia non è assolutamente in grado di sostenere l’impegno finanziario necessario, sia per il numero dei dipendenti sia per il fortissimo costo della struttura, dati questi a lui ben noti. Il Cardinale l’ha però escluso ritenendo la strada non praticabile.... Per non lasciare strade intentate, la stessa richiesta l’ho rivolta anche alla Santa Sede. In questi mesi - lo ripeto - ho tentato tutte le vie, eccetto quelle che ritengo non compatibili con una realtà ecclesiale o non possibili poiché non garantiscono la libertà e l’indipendenza di cui la cultura in genere e quella cattolica in specie hanno bisogno. Senza libertà - lo ripeto - non si dà cultura e ritengo, allora, che sia meglio fare “poco” in modo libero che tentare il “molto” con una libertà ridotta».

Quindi la decisione: il Marcianum a ranghi ridottissimi dovrà lavorare per la diocesi con studi da essa richiesti di carattere sociale ed ecclesiale riguardanti la situazione locale. Per il resto i fondi che si riusciranno a risparmiare torneranno alle attività di carità, al sostegno delle famiglie in difficoltà e alla formazione di preti e laici: «Così, nella preghiera e dinanzi a Dio», spiega Moraglia, «ho voluto considerare le priorità pastorali: le parrocchie e le collaborazioni interparrocchiali; i poveri (v. l’apertura del dormitorio-mensa a Marghera e intitolato a Papa Francesco); le giovani famiglie; la trasmissione della fede ai giovani; la formazione degli adulti; l’attenzione al clero, al seminario e alla pastorale vocazionale».

Infine l’analisi finale sul “fascino del denaro” con cui Venezia, e anche la precedente gestione della diocesi, deve fare i conti con l'invito a chi ha sbagliato a farsi da parte per riflettere sugli errori: «Il denaro da sempre affascina l’uomo e, quando il denaro è molto, il fascino cresce in maniera esponenziale; lo stesso vale se parliamo di potere economico e di potere politico. Il primo compito che abbiamo in questa situazione è di non fare di ogni erba un fascio, colpevolizzando ingiustamente chi non lo merita. Certamente però chi oggi è caduto non va lasciato solo; chi ha sbagliato sarebbe auspicabile che lo capisse, ne tirasse le conseguenze, ritagliandosi un periodo di riflessione personale e di silenzio. Ma, ripeto, nessuno deve dare giudizi sulle persone, perché il giudizio appartiene solo a Dio che ne è gelosissimo. A noi, piuttosto, viene richiesto il discernimento a partire dai fatti e dalle situazioni perché domani non siamo, a nostra volta, trovati manchevoli. Si tratta di ricominciare dai fondamenti, dall’abc dell’etica, chiamando il bene bene e il male male, e avendo il coraggio di farlo anche quando si è personalmente coinvolti. Partiamo dalle piccole cose proprio perché sono piccole e, quindi, alla nostra portata e di tutti i giorni; le grandi menzogne iniziano dalle piccole menzogne. Lo stesso vale per il “piccolo” appropriamento indebito o la “singola” prepotenza. Dobbiamo tornare a interrogarci sul modo in cui facciamo le cose. Aver conseguito un fine significa ancora poco, veramente poco; è essenziale il modo in cui abbiamo conseguito quel fine. Da qui nasce una regola fondamentale: prima viene il cuore dell’uomo e da lì tutto consegue».

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