Il parroco: «Politici ladri, ci vuole una rivoluzione»
CHIRIGNAGO. I politici? Tanti ladri, o complici o ciechi che non vedono. La soluzione? Imbracciare i forconi e fare la rivoluzione «che non sarebbe una cattiva idea...». No, non è il discorso incendiario di un leader di un movimento anticasta. È, fortemente sintetizzato, il senso dell'articolo apparso questa domenica su “Proposta” di domenica 7 ottobre, il foglio parrocchiale della chiesa di San Giorgio, comunità diretta ormai da molti da anni da don Roberto Trevisiol.
L'articolo in questione non è firmato per esteso, ma la sigla “drt” corrisponde a funzione e iniziali del sacerdote, non nuovo tra l'altro a esternazioni polemiche. Stavolta l'affondo è deciso, con don Roberto che non adotta mezze misure. Partendo dal salmo 52, quello che termina con «nessuno fa il bene, neppure uno», il sacerdote fa scattare un attacco a tutta la classe politica e si dice «schifato dalla corruzione dei nostri politici e dei nostri amministratori».
È solo l'overture, visto che poche righe più sotto si legge dei «tromboni dei partiti (i capi)» che «compaiono per la solita intervista buonista: bisogna fare questo, bisogna evitare quello... Loro che da venti, trent'anni solo lì a dire che “bisogna” e non hanno mosso, non muovono e non muoveranno un dito».
Certo, don Roberto scrive che ci sono anche amministratori onesti (pochi, però, specifica) ma la sua invettiva continua, evidenziando che la sua rabbia deriva dal fatto che «andando a benedire le case sento non un'indignazione, un avvilimento, ma una rabbia, un'autentica rabbia contro questa classe politica, rabbia che sta crescendo nella stessa misura in cui crescono la povertà, la disoccupazione, l'impressione dello sfascio ormai generalizzato».
Don Roberto, poi, evidenzia ancora la situazione di sfiducia verso la politica, condivisa dalla maggioranza dei cittadini, fino ad arrivare al finale. Dopo avere assicurato di non voler aver nulla a che fare con chiunque sia stato in Parlamento perché «se non sono stati ladri sono stati complici di ladri o hanno lasciato fare ai ladri pur sapendo», il sacerdote chiude il suo intervento da par suo: «Purtroppo avendo perso il diritto di essere cittadini siamo diventati sudditi e l'unico modo con cui dei sudditi possono farsi sentire è quello di imbracciare i forconi e fare la rivoluzione. Che non sarebbe una cattiva idea».
Parole forti, che don Roberto non ha voluto commentare, ma di quanto ha scritto se n’è parlato molto in questi giorni. E non sono mancate le reazioni del mondo della politica locale. A cominciare da Giuseppe Saccoman, consigliere del Pdl che già in passato ha avuto occasioni di scontro con don Roberto: «Se può essere comprensibile e condivisibile la parte dell'articolo in cui si descrive un sentimento di sfiducia verso la politica», dice, «è invece inaccettabile il finale dell'intervento, parole che rischiano di essere una pericolosa istigazione».
E sul tema interviene anche Maurizio Enzo, presidente della municipalità ed esponente di Rifondazione Comunista: «Non ho intenzione di aprire una polemica con don Roberto, di cui conosciamo la capacità di esprimersi apertamente», afferma Enzo, «ma se lo sdegno verso certo scandali è giusto, sbagliato è considerare tutti uguali. Le cose non stanno così. Io, ad esempio, faccio il presidente municipale a tempo pieno, giro tutto il quartiere con la mia macchina, pagando con i miei soldi il carburante. E alla fine guadagno 1.700 euro netti al mese».
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