Il papà alla figlia: «Ti sfregio con l’acido»
VENEZIA. Nel capo d’imputazione il pubblico ministero parla di «atteggiamenti da padrone» nei confronti della figlia più grande e della moglie. I divieti erano stringenti soprattutto nei confronti della ragazza, già al tempo maggiorenne e cresciuta nel mondo occidentale, ma all’interno di una famiglia musulmana agganciata alla tradizione che viveva in un paese della Riviera del Brenta. E così per la ragazza era vietato Facebook, non le era consentito vestirsi all’occidentale, non poteva uscire da sola e comunque doveva sempre dire dove andava. E anche per la moglie, stando alla denuncia, la vita era pressoché da segregata in casa. Se le donne provavano a ribellarsi, scattavano le minacce: “Ti sfregio con l’acido”, “Ti ammazzo se ti comporti così”. Ora l’uomo, un cinquantenne di nazionalità marocchina, operaio senza precedenti penali (non pubblichiamo le generalità dell’uomo esclusivamente per proteggere le presunte vittime degli episodi), è a processo davanti al giudice monocratico di Venezia con l’accusa di maltrattamenti in famiglia. A difenderlo, l’avvocato padovano Elisabetta Costa.
I fatti oggetti del procedimento penale si sarebbero svolti in un paese della Riviera del Brenta, poi però la famiglia si era trasferita in una località dell’Alta Padovana. Qui l’uomo era stato raggiunto da un ordine di allontanamento da casa deciso dal giudice di Venezia sulla scia della denuncia presentata ai carabinieri dalla figlia. Era la fine del 2014. Da allora l’uomo non si è più fatto vedere a casa.
Il procedimento penale ormai giunto alle battute finali - mercoledì era prevista l’udienza di discussione, rinviata al 24 ottobre - è lo specchio di uno scontro culturale vissuto nell’ambito familiare tra il padre, legato alla tradizione, e la figlia, cresciuta nel mondo occidentale ma con un genitore “ortodosso”. Per la ragazza era quasi scontato avere un profilo Facebook dove pubblicare le foto delle serate con gli amici, vestita con abiti alla moda. Tutto di nascosto da papà, che aveva sì comperato il computer alla ragazza, ma per motivi di studio. Ad accorgersi che la ragazza era attiva sui social era stato un collega del padre che aveva intercettato il profilo della giovane. Consultandolo, il padre aveva scoperto, suo malgrado, il mondo della figlia. Quel mondo che lui assolutamente non concepiva. Nel corso del procedimento il 50enne si è sottoposto all’esame davanti al giudice, spiegando di essere mortificato per quanto successo, ma di aver cercato di essere un bravo papà.
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia