Il Nordest trema. "Prepariamoci a una scossa forte"
MESTRE. La statistica non sembra essere favorevole: ogni mille anni si verifica una ventina di grossi terremoti. Per cui «prepariamoci ad un sisma vero. Quello di ieri è solo un assaggio». Vero in che senso? «Dai 5 gradi in su, come è nella media dei sommovimenti più importanti di questo territorio, a partire dal sisma di Asolo». Nessun allarmismo da parte di Gianluigi Bragato, sismologo del Centro Ricerche sismiche di Udine, dipendente dall’Ogs di Trieste. Ma un sano realismo, per recapitare messaggi ai residenti: i nuovi edifici rispettino rigorosamente le normative antisismiche e quelli vecchi si adeguino. «È statisticamente provato che ad ogni millennio accadono una ventina di sommovimenti tellurici importanti», spiega. Non è detto che si verifichino alla scadenza esatta dei 50 anni, ma di molto non si discostano».
Questa è un’area ad alta sismicità. L’ultimo evento si è verificato nel 1976, in Friuli. Quindi «fra una decina o una ventina d’anni potremmo essere di nuovo in emergenza».
Il disastroso scossone del 1936 ha portato morte e distruzione sulla Pedemontana del Cansiglio, da Cappella Maggiore a Serravalle. I sismografi hanno registrato ieri mattina non solo una scossa, quella di 3,7 gradi, bensì una ventina, nell’arco di due ore, ma la gran parte impercettibili, dai 2 gradi in giù. Per Bragato l’evenienza sta a significare che «il sistema si sta pian piano caricando». Il sismologo segue con particolare attenzione quest’area, fin dai tempi dei boati sul Fadalto, provocati da colpi d’ariete dei flussi d’acqua nelle viscere carsiche della terra. Giovedì ha partecipato ad un vertice in Protezione civile, a Mestre, nel corso del quale si è convenuto che "tutto era nella norma", nonostante quella magnitudo, e che, pertanto, non era il caso di dare alcun allarme. Pronti, comunque, a scattare in caso di emergenza.
L’area colpita rientra nella seconda categoria di pericolo sismico e risulta quella più a rischio del Veneto, ad eccezione di una lingua nel Vittoriese (la Val Lapisina e parte della Vallata) che fanno parte dell’area rossa, quella di prima categoria, con l’altopiano del Cansiglio e l’Alpago, dove, infatti, si registrano gli eventi più frequenti e pesanti. «Questo perché», spiega Bragato, «siamo in presenza si sistemi di faglia che fra loro si connettono. Ci troviamo, infatti, sul punto di incontro (o se vogliamo, di scontro) tra la placca adriatica e quella euroasiatica che, lo sappiamo, sono in continuo movimento». E che risultano all’origine dell’apocalisse di 39 anni fa in Friuli, con circa mille morti. Da qui la presenza sul territorio di diverse stazioni di rilevazione. La rete di Collalto, presso lo stoccaggio Edison, ne ha ben 6, gestite dall’Ogs. Il Crs di Udine si prende cura di quelle del Montello, del Grappa, della Pedemonata tra Mel e Cison (Col Varnada), del Cansiglio (precisamente a Caneva) e del Faloria.
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