Il non-museo da toccare dove il visitatore cammina dentro la storia

Uno spazio globale e locale, capace di parlare al territorio ma anche all’Europa e al mondo Dai bombardamenti ai comizi del Ventennio fino alle lotte sindacali degli Anni Settanta 



Nei musei tradizionali, davanti ad un’opera d’arte, si guarda ma non si tocca. Anche solo per il timore degli allarmi della sicurezza.

Al museo M9, contenitore di tecnologia, documenti, video e storie che arrivano diritte da 117 archivi nazionali e locali, la storia del Novecento diventa esperienza che si guarda e si tocca. Per forza.

«Qui bisogna toccare; la vera visita è vedere, ascoltare e toccare. Anche se non è facile abituarsi facilmente all’idea di poterlo fare», spiega il direttore di M9, Marco Biscione, che definisce questo museo uno spazio culturale “Glocal”, nato per Mestre ma che guarda al mondo. La storia si fa pubblica: si ritrovano anche pezzi di storia familiare. E si impara giocando.

La vista, l’udito e il tatto sono continuamente stimolati nei due piani della esposizione che comprende otto sezioni che raccontano il Novecento italiano e i tanti cambiamenti della nostra società. Tantissime informazioni, grandi schermi che rimandano immagini, grafici, video, testimonianze dirette. La realtà virtuale declina il reale: entra nelle cucine di tre servette e cuoche di diversi periodi storici. Lo spettatore indossa gli occhiali Oculus della realtà aumentata e viaggia dalla cucina dei nonni al bombardamento di Marghera nel 1944.

I bombardamenti di un secolo segnato da due guerre mondiali e poi dalla pace e dalla nascita dell’Europa riecheggiano nel rifugio antiaereo. Sulla testa dello spettatore le bombe lanciate dagli aerei, sotto la seduta che sussulta e il buio claustrofobico. Nell’arena si alternano immagini e comizi della storia del paese. La tecnologia 3D rianima Mussolini, De Gasperi o Craxi. Ci si ritrova immersi nei cortei delle donne che difendono la legge sull’aborto, tra le maschere antigas degli operai di Porto Marghera in corteo.

Oppure ci si può perdere nei ricordi dei filmini di famiglia o ancora ascoltare attori interpretare poliziotti, giornalisti, giudici che hanno indagato sulle stragi che hanno ucciso Falcone e Borsellino. Si prova, giocando, cosa è la vita in fabbrica, la catena di montaggio. Davanti agli specchi lo spettatore prova vestiti dall’inizio secolo agli anni Sessanta. Un grande tavolo, pieno di microfoni, permette di sperimentare quel giacimento di usi e costumi che sono i dialetti italiani. Per vedere tutto con calma, leggere, guardare e toccare, ci vogliono ore o un biglietto con pluri-ingressi. —



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