Il Mose sollevato solo con acqua sopra i 130. Allarme a Venezia che teme un nuovo “autunno nero”

La decisione del commissario. «L’opera non è finita». Ma a quella quota Venezia è già allagata. Comar senza stipendio
Alberto Vitucci

VENEZIA. Un miliardo di euro da spendere. Commissari che si moltiplicano. Ma il Mose non è ancora pronto. E anche quest’inverno sarà sollevato solo con maree eccezionali, superiori ai 130 centimetri sul medio mare. Una quota in cui Venezia è ormai quasi tutta allagata. La verità sconcertante è stata confermata ieri mattina nel corso di un incontro tecnico tra il commissario del Mose, il Provveditorato, il Comune, la Capitaneria.

Il commissario del Mose richiama la procedura per i sollevamenti approvata lo scorso anno. Dove si scrive che «nella fase provvisoria, ovvero quella che precede il completamento del sistema Mose quindi fino al 31/12/2021, non sarà ancora possibile difendere la laguna per tutti gli eventi superiori a 110, come stabilito dal Comitatone. Perché non tutto è ancora a regime, collaudato e verificato, nonché per poter adeguare con gradualità la gestione del traffico marittimo».

Un anno dopo, la situazione non è cambiata. I cantieri sono fermi, la corrosione sott’acqua preoccupa ancora di più. Il sollevamento frequente, in mancanza della manutenzione che non è mai partita, potrebbe creare problemi. È anche saltata la data del 31 dicembre come fine lavori. Dunque, per almeno altri due anni continuerà la fase «provvisoria».

Il risultato è che anche per la stagione che sta arrivando Venezia potrebbe essere indifesa dall’acqua alta. Lungi dall’essere completati i lavori per la difesa della Basilica, mai avviati quella per la protezione dell’insula di Piazza San Marco. Con il Mose attivo solo dopo i 130.

C’è una bella differenza, che forse chi non conosce la materia non coglie, tra sollevare le barriere a 110 – quando appena il 15% della città è allagata – e a 130, quando va sotto quasi la metà di Venezia. In alcun punti, come San Marco, con oltre mezzo metro di acqua.

Lo scorso anno, all’annuncio dato dal commissario Elisabetta Spitz, era scattata la rivolta. Clamoroso l’infortunio dell’8 dicembre, con le paratoie lasciate abbassate con l’acqua più alta del 2020. Adesso si ricomincia daccapo. E i timori sono tanti. Espressi in questi giorni al Comune dai rappresentanti delle categorie economiche e dalle famiglie che abitano ai piani bassi.

Uno è quello di ostacolare il traffico navale nei canali portuali. Le chiusure del Mose saranno sempre più frequenti, e questo è un rischio da tempo segnalato dagli esperti, come il professor Luigi D’Alpaos. Commissario e Provveditorato stanno affidando studi per sostenere la loro strategia «sperimentale». Chiudere cioè in occasione di acque alte soltanto la bocca di porto di Lido, lasciando aperte le altre.

«Sarebbe un altro disastro per la laguna», avverte D’Alpaos.

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