Il lampione tornerà a Punta Dogana entro fine mese

Dopo l’esperienza del “Ragazzo con la rana” il Comune intanto avvia un dibattito sull’uso di Venezia per esporre opere di arte contemporanea

di Enrico Tantucci

VENEZIA. Venezia e l’arte contemporanea all’aperto, istruzioni per l’uso. Il caso del Ragazzo con la rana - la scultura dell’artista statunitense Charles Ray rimossa in questi giorni tra le polemiche dopo quattro anni di sosta “provvisoria” alla Punta della Dogana, di fronte alla Fondazione Pinault, per riportare al suo posto il lampione ottocentesvco che c’era prima - spinge anche il Comune a una riflessione generale sull’uso della città e dei suoi spazi per l’arte contemporanea senza rinuncoiare alla sua tutela. «Se ne può parlare», ha già anticipato il sibdaco Giorgio Orsoni negli ultimi giorni e l’intenzione dell’Amministrazione sarebbe proprio quella di promuovere un dibattito con tutti i soggetti interessati - dalla Soprintendenza, alle grandi istituzioni che a Venezia si occupano del contemporaneo, agli stessi artisti - per cominciare a stabilire, se non delle “regole” codificate almeno dei principi di comportamento. Il rischio è che altrimenti ciascuno tiri l’acqua al proprio mulino, Un esempio per tutti. Il critico d’arte Francesco Bonami, che ha fatto esporre Ìl ragazzo con la rana alla Punta della Dogana in occasione della mostra di apertura della Fondazione Pinault, ha aspramente polemizzato contro la decisione del Comune di rimuovere la scultura per sostituirla con il lampione, chiedendo che almeno fosse mantenuta per tutta la durata della Biennale Arti Visive. Ma è lo stesso Bonami - ha ricordato anche di recente Vittorio Sgarbi – che qualche anno fa, proprio da direttore della Biennale Arti Visive pretese che venissero rimosse dai campi e dagli altri spazi pubblici di Venezia le scultura dell’artista colombiano Fernando Botero - esposte per una mostra organizzata dalla Galleria Contini in collaborazione con il Comune - perché non “contaminassero” con la sua presenza le opere degli artisti della Biennale. Perché le sculture di Ray devono restare e quelle di Botero no? chi stabilisce e in base a quali criteri un’opera di un artista è meritevole di essere esposta a lungo o addirittura a tempo indeterminato a Venezia, sfruttandone lo spazio scenico, e quella di un altro invece no? È un tema importante su cui ora anche l’Amministrazione vorrebbe provare a dare delle risposte. Anche perché sono molti i casi in cui a Venezia il provvisorio è diventato permanente anche in campo culturale. Due casi fra gli altri: il Padiglione del Libro di James Stirling e quello della Corea ai Giardini della Biennale, nati come provvisori, mantenuti per diversi anni e poi “sanati” sino a diventare stabili. Intanto il lampione della Punta della Dogana è in arrivo, restaurato a spese della Covedi, la società che gestisce per conto dell’Amministrazione il servizio di illuminazione pubblica. Sarà issato entro il mese di maggio, perché prima è necessario installare e far cementare il basamento che lo sorreggerà. Avrà anche un sistema di illuminazione a basso consumo energetico. 

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