Il grillo è servito e sembra un gamberetto

Da 25 anni un’équipe dell’Università di Padova studia (e assaggia) gli insetti che stanno per finire sui nostri piatti
Tartina agli insetti
Tartina agli insetti

VENEZIA. Da un grillo a un gamberetto il passo è breve, tanto che i cocktail in salsa rosa di domani potrebbero virare verso il verde. E non solo per via delle foglie di lattuga. Lo dice la scienza, secondo cui l’apporto nutrizionale varia appena dell’1%, ma lo dice anche l’Europa, che, all’indomani del dibattito sulle bistecche nostrane (accusate di aumentare il rischio di tumore) ha dato il via libera ai “novel food” (nuovi cibi).

Si parla di alghe, nuovi coloranti e nanomateriali, ma anche di una serie di “alimenti” che la maggior parte degli europei faticherebbe a considerare tali: dalle larve di vespa, adorate dai giapponesi, ad alcune specie di cavallette, grilli, ragni e farfalle. Il Parlamento Europeo ha approvato una prima proposta di regolamento che semplificherà le attuali procedure, ferme a una normativa vecchia di circa quindici anni. Il passaggio alle nostre tavole non è ancora così immediato, ma la strada sembra tracciata. E non solo per la svolta politica sull’argomento.

Spiedini di grilli e larve
Spiedini di grilli e larve

«A Padova», spiega il professor Maurizio Paoletti, del Dipartimento di Biologia, «ci lavoriamo da quasi venticinque anni, durante i quali abbiamo passato in rassegna oltre duemila specie segnalate come edibili. Ed è solo la punta dell’iceberg. La nostra schizzinosità in merito è molto accentuata, tanto che uno studioso americano, della University of Pennsylvania le ha dato anche un nome, “Disgust”, che può essere tradotto come disgusto. È la sensazione che proviamo, da bravi occidentali, all’idea di mangiare insetti, che nel nostro immaginario sono legati all’idea dei parassiti, o in ogni caso di sporco o addirittura nocivo. Per noi le api, che pure producono il miele, pungono, i pidocchi infestano, i ragni sono spesso oggetto di fobie. Alcuni miei studenti si nascondevano sotto il banco solo a sentirli nominare. Eppure in molte altre zone del mondo, e in particolare nell’area tropicale del pianeta, non è così: anzi, gli insetti sono amatissimi e cucinati nei modi più diversi». «In molti paesi», spiega ancora Paoletti, «gli insetti sono considerati risorse: parliamo di nazioni mediamente sviluppate, come il Messico, il Laos, la Tailandia o la Cambogia, ma anche dell’avanzatissimo Giappone. Noi conosciamo soprattutto il sushi, che per il nostro gusto ha un aspetto raffinato, ma in realtà il giapponese medio impazzisce per un piatto di larve di vespa e farebbe carte false per una porzione di succulenti tricotteri, farfalline che vivono lungo i corsi d’acqua. Ogni popolazione ha i suoi prediletti, e anche tra zone vicine si evincono abitudini diverse. Non solo in Amazzonia».

Maurizio Guido Paoletti, docente Dipartimento di Biologia dell'università di Padova
Maurizio Guido Paoletti, docente Dipartimento di Biologia dell'università di Padova

A Padova, i ricercatori si sono concentrati soprattutto sulla “Acheta Domestica”, che sembra offrire un buon compromesso tra valori nutrizionali, facilità di allevamento e sapore. Il nome scientifico non inganni, non c’è niente di esotico. «Si tratta», dice il professore, «del grillo di Pinocchio. Da un punto di vista alimentare ha delle caratteristiche molto simili a un coniglietto, nel senso che mangia un po’ di tutto ma soprattutto vegetali, si riproduce velocemente e allevarlo costa molto meno che allevare galline, maiali o bovini». Quanto al gusto, Paoletti e la sua équipe assicurano di aver assaggiato almeno una volta «quasi tutti» gli insetti che hanno studiato, sopravvivendo a tutti e addirittura apprezzandone molto alcuni. «Ai miei studenti», conclude il professore, «sono piaciuti molto i grilli fritti, per esempio. Il mondo alimentare, però, è pieno di condizionamenti culturali: un inglese morirebbe di fame piuttosto che mangiare carne di cavallo, mentre nel mondo islamico il tabù riguarda la carne di maiale. Si tratta di tabù, per l’appunto: in altre parti del mondo, dove vigono culture diverse, anche le abitudini alimentari sono differenti». Se al Dipartimento di Biologia impazza la frittura di grillo, infatti, il resto degli italiani appare ancora a dir poco dubbioso: stando alle recenti indagini della Coldiretti, solo il 7% sperimenterebbe un piatto di ragni fritti. Sale però al 20% il numero di curiosi che, pur senza spingersi a tanto, proverebbe di buon grado una bistecca alternativa, magari di coccodrillo.

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