Il giallo dell’agente Sissy arriva in Parlamento
VENEZIA. Approda in Parlamento il giallo dello sparo a Sissy Trovato Mazza. Il deputato di Forza Italia Francesco Cannizzaro, calabrese come l’agente di polizia penitenziaria morta dopo 26 mesi di coma, ha presentato una interpellanza indirizzata al ministri dell’Interno, Matteo Salvini, della Giustizia, Alfonso Bonafede, e della Difesa, Elisabetta Trenta, per ribadire che sul caso deve essere fatta piena luce. La discussione e la risposta in aula sono previste per venerdì 15 febbraio.
«Ho chiesto una doverosa ed attenta verifica su eventuali elementi di incompatibilità ambientale che sembrano emergere nei confronti di addetti ai lavori della Procura di Venezia, competente per le indagini del caso», spiega l’onorevole nella sua interpellanza, «Elementi che, se confermati, dovranno determinare uno spostamento del processo ad altro distretto». L’onorevole non esplicita però quali siano questi segnali di incompatibilità su cui chiede che il Governo faccia verifiche. «Fare chiarezza è un atto dovuto alla memoria di una integerrima servitrice dello Stato che nel compimento del proprio dovere è caduta per mano vile e criminale», continua Cannizzaro che parla anche di «delitto con tanto di mandanti ed esecutori», sposando la tesi della famiglia secondo cui Sissy non aveva motivi per uccidersi. «Il Governo oggi viene chiamato con i suoi Ministeri a fare tutto il possibile affinché la verità venga raggiunta e che i responsabili materiali e morali di questo orrendo omicidio siano assicurati alla giustizia con pene esemplari», conclude Cannizzaro. Per la Procura si è trattato di un tentativo di suicidio, anche se ulteriori indagini sono in corso dopo l’opposizione all’archiviazione da parte della famiglia.
Intanto l’altra sera la trasmissione “Quarto Grado” ha dedicato un lungo servizio a Sissy, dando voce anche a una collega che ha parlato con il volto coperto: «Sissy era arrabbiata con chi le impediva di fare il suo lavoro. Chi era suo amico le aveva consigliato di lasciare stare perché si stava mettendo contro una cosa troppo grande». Il riferimento è alle denunce di droga e rapporti non professionali in carcere. «Quando Sissy aveva portato la droga al comando, le era stato detto di farsi i fatti suoi, altrimenti l’avrebbero fatta passare per droga per uso personale. Al lavoro non si fidava più di nessuno. Le persone infastidite dal fatto che lei volesse scoprire la verità sono tante».
E in un’altra intervista a Fanpage, una collega ha dichiarato: «Sissy temeva che alcuni colleghi potessero vendicarsi, rovinarle la carriera o metterla nei guai per quello che aveva scoperto». E sulle segnalazioni che l’agente avrebbe presentato alla direzione del carcere, la collega conferma: «Erano due, una sulla collega sorpresa a baciare una detenuta e l’altra sulla cocaina. Sono certa che le avesse presentate». Su questi aspetti è chiamata a far luce la commissione d’inchiesta interna al Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria voluta dal sottosegretario alla Giustizia Vittorio Ferraresi. —
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