Il fruttivendolo di Rialto resta in carcere

Droga, i giudici hanno respinto il ricorso. Oggi decidono su quello del ristoratore di Murano
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 23.12.2013.- Fabrizio Coppano.
Interpress/M.Tagliapietra Venezia 23.12.2013.- Fabrizio Coppano.

VENEZIA.

Il Tribunale del riesame presieduto dal giudice Patrizia Montuori ha respinto il ricorso presentato dall’avvocato Antonio Alessandri e così il fruttivendolo di Rialto Fabrizio Copano resta in carcere. Oggi, i giudici del Tribunale lagunare, esamineranno il ricorso presentato dall’avvocato Sandro De Martin per conto del ristoratore di Murano Alessandro Segato (nella foto), ma visto come è andata per il primo, è probabile che anche per il secondo la decisione sia identica.

Si è trasformato da fruttivendolo in spacciatore di droga per pagare le tasse, aveva un debito con Equitalia di 56 mila euro. Questo aveva raccontato al giudice Copano, arrestato il 19 dicembre perché tra il magazzino di Rialto e casa sua, a Castello, gli investigatori della Polizia avevano trovato poco più di tre etti di cocaina e mezzo chilo di marijuana. Il ristoratore muranese di 42 anni, invece, ha sostenuto che i due etti e mezzo di cocaina, gli otto etti di marijuana e i sei etti di hascish sequestrati nel suo locale, "Alla Vecchia Fornace" di fondamenta dei Vetrai, erano per uso personale, insomma lui non avrebbe mai venduto un grammo di droga a chicchessia. I difensori dei due avevano chiesto per entrambi gli arresti domiciliari, ma il magistrato, oltre a convalidare l'arresto, aveva firmato un'ordinanza di custodia cautelare in carcere e aveva lasciato entrambi a Santa Maria Maggiore: evidentemente le versioni dei fatti fornite dai due durante l'interrogatorio non l'avevano convinto, come non hanno convinto i giudici del Riesame. Comunque, Copano prima di tutto aveva ammesso di aver acquistato la droga per rivenderla, insomma per spacciarla, in modo da guadagnare per pagare i suoi debiti. Aveva spiegato che con il banco della frutta e verdura a Rialto non sbarcava il lunario, era in perdita e non era riuscito neppure a pagare le imposte, tanto da accumulare quel grosso debito con Equitalia. Aveva spiegato di non aver avuto più di tre o quattro clienti. (g.c.)

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