Il figlio del boss a 'Porta a Porta'. Maggioni: «Riina jr ha parlato da mafioso»
ROMA. «Riina ha parlato da mafioso. Nella storia della Rai non c’è nessun negazionismo. Mai vittime e aguzzini avranno la stessa dignità di racconto». Il dibattito sulla controversa intervista al figlio di Totò Riina si sposta in commissione Antimafia, dove la presidente della Rai, Monica Maggioni, difende la scelta di mandare in onda l’intervista ma condanna le parole di Riina jr. «Quel racconto ha moltissime cose che lo rendono insopportabile. Prima di tutto non rinnegare il padre e dare dall’inizio alla fine un’intervista da mafioso. Quale è» dice la Maggioni, che sottolinea il rifiuto della censura e definisce il racconto «a tratti insopportabile». «In primis per il non rinnegare il padre. È stata un’intervista da mafioso ma nessuno di noi ha mai pensato di essere incerti nell’atteggiamento da tenere nei confronti della mafia. Sappiamo da che parte stare e quello che facciamo tutti i giorni è la dimostrazione». La presidente della Rai spiega che la ferita della mafia non è una ferita del passato ma di oggi. «E per questo serve attenzione al contesto. Intervenire a priori rimanda all’idea di censura ed è difficile accettare l’idea di censura nei confronti di un collega con una lunga storia professionale».
Parla di messaggi «inquietanti» la presidente della commissione Antimafia, Rosy Bindi, che dice di non aver visto la trasmissione due sere fa per non alzare lo share. «L’ho vista stamattina e non è stata un’intervista del figlio sul padre ma del figlio di un capo di Cosa nostra che ancora mesi fa dal carcere mandava messaggi di morte. Riina è stato omertoso, ha mandato messaggi pericolosi senza essere contrastato dal conduttore. È evidente che il perimetro delle domande sia stato fissato da Riina, che ha negato l’esistenza della mafia lanciando messaggi inquietanti» dice la Bindi, che giudica la puntata “riparatrice”andata in onda ieri sera sulla lotta alla mafia un ulteriore danno. «L’annuncio di una puntata riparatrice fa passare un messaggio gravissimo: che ci possa esser par condicio tra mafia e chi la combatte, tra vittima e carnefice. Ci nasce questa domanda: se la trasmissione di questa sera (ieri n.d.r.) possa essere un rimedio peggiore del danno».
A difendere l’intervista ci pensa invece il direttore generale della Rai, Antonio Campo Dall’Orto, che annuncia a partire da settembre la «supervisione» dei contenuti giornalistici ed esclude compensi per Riina jr: «Non sono stati fatti pagamenti. Quella dell’intervista è stata sicuramente una decisione delicata. Dopo un confronto con il direttore editoriale dell’informazione Rai, Carlo Verdelli, lui ha ritenuto che fosse giornalisticamente difendibile e potesse contribuire ad aumentare il confronto rispetto al racconto intorno alla mafia».
Le polemiche, comunque, non si abbassano. A tenere alto lo scontro è Pietro Grasso per il quale il servizio pubblico non deve avere limiti all’informazione ma deve imporre un diverso grado di responsabilità e di serietà. «Non si può banalizzare la mafia, non ci si deve prestare a operazioni commerciali e culturali di questo tipo, e una puntata riparatoria non giustifica, anzi sembra mettere sullo stesso piano il punto di vista della mafia e quello dello Stato» puntualizza il presidente del Senato, che punta il dito anche contro Bruno Vespa: «Anche se il conduttore dice di aver incalzato con le domande, non è riuscito ad ottenere risposte che non fossero quelle prevedibili di un mafioso figlio di un mafioso, portatore di un codice di omertà che ha dato un’eccezionale prova di forza, difendendo strenuamente gli aspetti umani di quel padre che è e deve passare alla storia come un mostro sanguinario».
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