Il fenonemo Dante-Benigni

Domani a Stra il recital del comico sulla Divina Commedia
STRA. Arriva Dante nel parco. Dopo Padova, Benigni propone il suo «Tutto Dante» anche a Stra, domani sera, e lo fa quasi a conclusione di una tournée lunghissima e di enorme successo, con più di 500 mila spettatori che hanno già presenziato allo spettacolo. Un caso teatrale senza precedenti, che ha reso Dante autore di successo, come non era mai stato. E probabilmente per questo le Università italiane fanno a gara per assegnare lauree honoris causa al filologo Benigni, che ha fatto per la Divina Commedia più di tutte le Società Dantesche nel mondo.


Qualche anno fa, a proposito della operazione di Benigni, si sarebbe parlato, con un certo disprezzo, di mid-cult, una operazione culturale lontana tanto dalla cultura di massa quanto dalla cultura alta: un po' come le grandi mostre sull'impressionismo, che danno l'illusione ai visitatori di partecipare ad un evento culturale alto, ma dall'altra parte vengono costruite in modo accattivante e facile, che rischia di svuotare di senso le opere stesse. E così, in fondo, qualcuno dice, Benigni offre cultura alta, come Dante, ad una fatica modica, perché la abbassa, la circonda di comicità leggera, la addobba con battute e saltelli. E tuttavia in realtà nessuno oggi se la sente di criticare l'operazione, forse perché anche il concetto di mid-cult, di cultura media, è stato messo in soffitta. Anche Vittorio Sermonti, altro grande lettore di Divina Commedia, anzi l'uomo a cui si deve la rinascita delle letture dantesche, dice che Benigni è bravo, pur nel suo taglio particolare.


Forse è proprio questo taglio particolare che rende l'operazione di Benigni inattaccabile. Perché in realtà il suo Dante è profondamente diverso sia da quello degli attori, per esempio quello di Gassman o di Carmelo Bene, sia da quello dei filologi e degli studiosi. E' quel che rimane di un Dante popolare, di cui sia ha memoria fino al novecento in buona parte della Toscana. Un Dante non recitato, ma semplicemente detto, raccontato, come se si trattasse di una grande storia in rima, ma di quelle appassionanti, da condividere con gli altri. Quando Benigni racconta del suo Dante conosciuto nella Casa del Popolo di Vergaio, il paese in cui è nato e cresciuto, non inventa nulla.


Conserva semplicemente memoria di qualcosa che poco dopo è scomparso, una straordinaria fusione tra cultura alta e bassa, che era l'ultimo residuo di un passato destinato a sparire. E quando è scomparso, Benigni lo ha fatto rivivere nella versione di massa, trasformando un elemento di cultura popolare in cultura di massa, che certo è altra cosa, ma almeno conserva traccia di un valore. Certo nella Casa del Popolo di Vergaio le rime di Dante le usavano un po' tutti, anche per insultarsi, ora le usa solo Benigni dal palco, ma è rimasta una autenticità che rende difficile, anche per i puristi rifiutare questo «Tutto Dante» milionario.

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