Il falconiere e i suoi rapaci a guardia dell’aeroporto Marco Polo

Dal 2000 Gianni di Lenardo controlla tutto il perimetro dello scalo veneziano: «Sopralluoghi continui, quando un pilota segnala il rischio liberiamo i falchi»

MESTRE. Chi prende l’aereo ogni giorno, staccandosi dal suolo della pista dell’aeroporto Marco Polo non ci fa caso, ma la sicurezza con la quale gli aeromobili decollano lasciandosi dietro di sé la laguna con il suo fragile ecosistema, è frutto di calcoli e di normative precise. Tra i principali fattori originati dalla natura da mantenere sotto controllo, c’è il bird-strike, fenomeno che avviene quando un gabbiano o un altro uccello viene assorbito o si schianta contro il motore del velivolo. Per evitare che accada, il metodo più sicuro è quello di utilizzare i rapaci per allontanare le altre specie. Gianni di Lenardo, 56 anni, è titolare della ditta Protfly: originario di San Daniele del Friuli, è il falconiere dell’aeroporto, unico in Italia ad essere riconosciuto dall’Enac, con un attestato al merito. «Sono stato uno dei primi nell’86», racconta di Lenardo, «a mettere in campo degli esperimenti sul territorio nazionale, ho iniziato a Ronchi dei Legionari, ho lavorato per parecchi anni lì, dal 2000 sono anche al Marco Polo».

Come si diventa falconiere?

«Nel mio settore sono un pioniere, è una continua ricerca della perfezione, il mondo della falconeria è complicato, specializzarsi nel campo degli aeroporti ancora di più. Anzitutto in un aeroporto non può accedere qualsiasi falconiere e fino a diversi anni fa gli scali non erano così predisposti verso questa tecnica. Per tenere lontani gli uccelli dagli aerei si utilizzavano i “cannoncini”, per poi arrivare a sistemi elettronici, metodi che non erano il massimo per gli animali. Bisogna avere una conoscenza ampia del settore ornitologico e una grande esperienza sui falchi come base».

Che specie si utilizzano?

«Falchi pellegrini e sacri, endemici delle nostre zone, tutti esemplari nati in cattività, che vanno denunciati quando nascono e muoiono, dotati di un registro di carico e scarico: è proibito catturare un falco in natura, ci sono penali amministrative».

È difficile?

«Società come Save o Ronchi mi hanno dato molta fiducia, entrare nell’aeroporto e lasciare libero un volatile non è semplice, anche il falcone stesso potrebbe incorrere in un impatto, ma dipende da quanta esperienza e capacità ha chi lo gestisce. Ci avvaliamo di una decina di falchi, io li riproduco a San Daniele e li vendo agli Emirati. Devono essere adulti, cresciuti dai genitori, non deve esserci l’attaccamento all’uomo perché funzioni. Bisogna collaborare reciprocamente e trovare un’armonia speciale».

Come funziona?

«Facciamo sopralluoghi ogni mezzora e se serve, si interviene con il falco, che è il più efficace tra tutti i metodi. Bisogna lasciarlo libero quando è il momento giusto, dopo aver dialogato con la torre di controllo, perché tutto dev’essere calibrato, anche l’accesso alle piste, che non deve causare pericolo agli aerei».

Possiede solo falchi?

«Ho anche un gufo reale, abbiamo eseguito degli esperimenti come hanno fatto all’Aeroporto di Parigi, dove usavano degli uccelli notturni la sera per tenere lontane le lepri, ma la tecnica di caccia del gufo e di appostamento è notturna, inoltre addestrarli è molto difficile, in ogni caso abbiamo messo in atto tutte le prove possibili per dare il cento per cento. Venezia è in una posizione strategica, ci sono tanti volatili ed ogni anno migrazioni nuove, il controllo dell’avifauna è complesso, non solo per noi, in tutto il mondo».

Si muove solo?

«Ho tre dipendenti, ci turniamo dall’alba al tramonto, 7 giorni su 7 e siamo riusciti a farlo anche superando i 100 movimenti di aerei giornalieri. Siamo in contatto via radio con la torre e la sicurezza, quando un pilota appena atterrato dice di aver notato concentrazioni di volatili, noi andiamo in sopralluogo e se del caso, liberiamo il falco altrimenti utilizziamo le sirene bitonali: eseguiamo la perimetrale dello spazio di decollo e atterraggio, maciniamo 180 chilometri al giorno, 60-70 mila all’anno. Ci spostiamo con un furgone attrezzato per il trasporto dei falchi».

Come li trovate?

«I falchi hanno un trasmettitore, se si allontanano li localizziamo e poi li richiamiamo con un simulacro di uccello. Se sono stati bravi riceveranno il compenso (quaglie crude di origine controllata), ma è importante non turbare la condizione ideale e la perfetta forma fisica e mentale: il falco deve mantenere l’equilibrio, l’addestramento psicologico, il rapporto collaborativo».

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