Il Don Vecchi 6 in aiuto ai nuovi poveri
Antonio, nome di fantasia, è un uomo disoccupato di 39 anni, con una separazione alle spalle e una bimba che sta con la mamma. Tra qualche giorno si sistemerà nel nuovo Don Vecchi 6 di via Marsala, in un piccolo ma bell'appartamento che fa al suo caso, visto che vive con i soldi della disoccupazione. Come lui, altri due padri in una situazione simile, costretti ad alloggi di fortuna, troveranno un tetto dignitoso senza pesare sulle spalle degli altri finché non avranno rimesso assieme i pezzi della loro vita.
Nei nuovi alloggi della struttura che è l'ultima fatica del vulcanico don Armando Trevisiol e del suo “braccio operativo” don Gianni Antoniazzi, ci sarà posto anche per una giovane coppia che non ce la fa a pagare un affitto tout court, per lavoratori fuori sede che non se la sentono di mangiarsi tutto quello che guadagnano, per disabili che vogliono essere autonomi e per situazioni difficilmente incasellabili. Come una donna che ha deciso di stare qualche tempo sola, lontano dalla famiglia, perché si trova in un difficile momento di transizione della sua vita.
Il complesso residenziale inaugurato ieri davanti a centinaia di persone (420 le sedie, ma tantissimi erano in piedi) è l'incarnazione della Chiesa che si fa vicina, quella che don Armando ha inseguito tutta la vita senza compromessi e fronzoli. Ieri pomeriggio il taglio del nastro ufficiale, davanti ad assessori comunali e regionali, ex assessori, consiglieri, ma soprattutto di fronte alle tante persone che quest'opera l'hanno resa possibile, perché il Don Vecchi, è una fatica collettiva: come i coniugi Groppo, Adriana e Luciano, che hanno arredato i 65 appartamenti con il loro sudore, come Giustina Saccardo e Toni Rota, senza le donazioni dei quali la struttura non sarebbe stata avviata, come suor Teresa. Una distesa di Bond Paradiso, quella baciata dal sole ieri nel grande spiazzo addobbato a festa.
«Guardo stupito quello che mi si pone di fronte agli occhi», ha esordito il Patriarca, Francesco Moraglia, «e mi domando qual è l' origine di tutto ciò. E devo dire che dietro c'è un prete. Quando i preti ci sono e fanno, si dà per scontato, quando non ci sono se ne sente mancanza. Io parlo di quei preti che hanno il coraggio del fare: scelte, decisioni, di mantenere fermi “sì” e fermi “no”. Noi vediamo 65 alloggi arredati con il criterio del bello, che è espressione di Dio, il bello si rifrange nell'anima delle persone, il bello è qualcosa di cui l'uomo necessita per vivere bene, è un messaggio che crea relazioni. Dietro tutto ciò c'è un prete e decisivo nel prete è il tipo di rapporto che ha con Dio, il coraggio del fare, di vedere quello che altri non vedono e non possono vedere. È importante quello che lasciamo e come lo lasciamo, grazie don Armando perché sei prete, perché' hai voluto solo essere prete, perché ci lasci non idee progetti o solo strutture, ma qualcosa che dà un'anima alle strutture».
Poi ha parlato don Armando, non senza un pizzico di ironia: «Il Patriarca nelle poche volte che ci siamo visti mi ha detto che ho due difetti: sono vecchio e vengo poco in presbiterio agli incontri, ecco Patriarca, vede perché non vado». Poi l'esplosione di gioia: «Sono felicissimo, questa è la Chiesa in cui ho creduto, la Chiesa che amo, che diventa solidarietà e carità concreta, che si occupa di chi è in difficoltà e di chi sta nelle periferie».
Il sacerdote parla del futuro: «Sogno la Cittadella della solidarietà, dove convergano strutture associazioni e opere caritative, ho anche fatto un codicillo, che va realizzata in due anni e non di più». Prima insomma, dei 90 anni di don Trevisiol. Che lancia un messaggio: «Tutto ciò è la dimostrazione che quando si crede e quando si ama, ogni cosa è possibile, nonostante crisi e difficoltà, i miracoli si possono fare e questo è uno di quelli».
©RIPRODUZIONE RISERVATA
Riproduzione riservata © La Nuova Venezia