Il direttore della Sme «Festa? Noi non apriamo»

Non è passibile di accomodamenti la posizione del direttore della Sme di Marghera, Girolamo Carrer: «La domenica qui da noi, non si apre».
Nel panorama cittadino è una mosca bianca, perché nel parco commerciale in cui si trova il suo store, la domenica, si apre eccome. Eppure alla Sme, chiunque si presenti alla porta nei giorni festivi, deve ricredersi, alzare i tacchi e ritornare il giorno successivo. Ieri mattina Carrer ha accolto l’onorevole Luciano Cimmino, per raccontargli come lavorano i suoi dipendenti e la filosofia che ci sta dietro.
«La nostra è una scelta», spiega Carrer, «viviamo il riflesso delle abitudini che si creano, se alla gente dai la possibilità di andare a far la spesa di notte, ci va anche di notte. Noi abbiamo stabilito un range di apertura e a quello ci atteniamo. Lo facciamo per creare un rapporto con il cliente e con chi sta qui a lavorare. Se iniziassimo ad avere un monte altissimo di aperture, gli addetti ci sarebbero, non ci sarebbero, quel rapporto con la clientela verrebbe meno. E magari anche la passione che ci si mette nel proprio lavoro cambierebbe». «Eppure», riflette, «il problema è che se tutti si abituano a trovare i negozi, gli outlet, i centri commerciali aperti e poi bussano alla nostra porta e ci trovano chiusi, che succede?».
La speranza, insomma, è quella di non dover fare diversamente. «Altrimenti si stravolgerebbero le nostre strategie aziendali». Poi si è rivolto a Cimmino: «Da sette anni a questa parte nessuno se ne è andato da qui, ma se mettessimo in moto un meccanismo che porta la gente a non essere soddisfatta del proprio lavoro, le cose cambierebbero». E ancora: «Un po’ di regole servono, alle dieci della sera d’inverno, la gente con la nebbia che viene a fare?».
Dello stesso avviso Carlo Uccelli, che ha uno dei suoi quattro negozi, in questo caso a marchio Undecolors of Benetton, all’interno del Valecenter di Marcon: «Chi come me manda avanti negozi di 100 metri quadri, non può sostenere l’apertura sette giorni su sette». «Sa cosa mi costa una commessa?», dice rivolto all’onorevole. «La pago 30mila euro l’anno lordi, la liberalizzazione degli orari è nata per aumentare i consumi, ma se la torta è la stessa, che si fa? Noi siamo obbligati ad aprire, altrimenti veniamo multati di 500 euro, aumentano le visite, ma ciò non si traduce in fatturato automaticamente. Al contrario. Perché allora non porre un tetto di domeniche? Possiamo anche cambiare le luci, modificare gli impianti per risparmiare, ma il personale costa troppo e se uno guadagna tot, quella è la sopesa». «Lei», ribatte Cimmino, «paga un affitto insostenibile ed è vincolato da regole e contratti che la asfissiano». Poi Uccelli rivolto all’onorevole: «Tagliatele queste pensioni d’oro».
Marta Artico
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