Il dialetto debutta in corsia: modulo in veneziano
VENEZIA. Il Veneto della secessione sbarca anche in campo sanitario: per la prima volta in Italia un ospedale offre ai pazienti la possibilità di sottoscrivere un consenso informato all'intervento redatto nella lingua dei Dogi anzichè in italiano. A lanciare l'iniziativa-pilota è il Policlinico San Marco di Mestre che ha assoldato una traduttrice, la storica e scrittrice Espedita Grandesso, per preparare un testo che si rifacesse con puntigliosa correttezza letteraria al dialetto parlato in laguna a fine '800. L'esperta si è rifatta ad un vocabolario che risale a quel periodo per tradurre senza il minimo errore ogni termine medico. Il “consenso informà in venessian” è stato fatto testare per quattro mesi a 300 pazienti, in larga parte anziani, che si erano rivolti alla struttura per un intervento di protesi all'anca o al ginocchio.
«Il risultato - racconta il direttore sanitario, Renzo Malatesta - è stato sorprendente: una parte cospicua delle persone ha scelto d'istinto il modulo in dialetto. In molti casi i pazienti, incuriositi dalla cosa, hanno voluto leggere il testo, formato da quattro fogli in formato A4, sia in veneziano che in italiano, per verificare la correttezza della traduzione». L'idea ha trovato un riscontro tale che l'ospedale sta pensando di implementarla sistematicamente per ogni intervento di tipo articolare. Nessuna volontà di “divorziare” dal verbo di Dante, assicura Malatesta, ma solo l'opportunità offerta ai malati di comprendere meglio il significato dei trattamenti medici a cui vengono sottoposti. «Il progetto - puntualizza - rientra all'interno della politica di umanizzazione della sanità e vuole aiutare a conservare la tradizione e la cultura locale come contributo al ricco ed eterogeneo patrimonio nazionale che rende unica l'Italia». Un modo per essere più vicini ai pazienti più fragili, gli anziani. «Il consenso in lingua veneziana risponde a diverse esigenze - conclude il direttore sanitario -: evidenziare una cura particolare da parte del Policlinico verso i malati e aiutare quelli meno giovani, che parlano il dialetto, a sentirsi a proprio agio nella struttura».
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