Il Comune diventa "padrone" delle sue acque
VENEZIA. Sorpresa: i poteri del Magistrato alle Acque sulla laguna sono già stati attribuiti alla Città metropolitana. Ma nessuno se n’era accorto. Manca solo un decreto attuativo, ma la legge esiste già. L’annuncio lo ha dato, sorpreso anche lui, il sindaco metropolitano Luigi Brugnaro. Che si è trovata già fatta la proposta per cui si batte da tempo.
Il passaggio dei poteri dalla struttura dello Stato - il Magistrato alle Acque, oggi Provveditorato alle Opere pubbliche - all’ente locale. La Città metropolitana, appunto. «Me lo ha fatto notare il parlamentare del Pd Andrea Martella», racconta egli stesso in una improvvisata conferenza stampa in municipio, mentre pochi metri più in là è in corso la protesta sul taglio delle deleghe alle Municipalità, «mi ha telefonato e mi ha detto: ma lo sai che il mio emedamento è legge?» Non solo una proposta, dunque. Ma una legge in vigore, già pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale. Il 24 giugno del 2014, pochi giorni dopo lo scoppiare dello scandalo Mose, il governo aveva deciso in fretta e furia di “depennare” la storica istituzione finita nel pieno dell’inchiesta con l’arresto degli ultimi suoi presidenti, Maria Giovanna Piva e Patrizio Cuccioletta. Fretta testimoniata dal fatto che la cancellazione era avvenuta con una piccola aggiunta alla legge sulla «semplificazione e la trasparenza amministrativa e l’efficienza degli uffici giudiziari». Con la chiusura di quelche sede di Tar si era approfittato anche per chiudere il Magistrato alle Acque, istituzione della Serenissima Repubblica riaperta nel 1907, approvando la legge 114 nell’agosto del 2014. Non senza proteste. Buttrare via il bambino con l’acqua sporca? Se l’ufficio non ha controllato abbastanza, perché eliminarlo?
Adesso la novità, in parte clamorosa. «I compiti e le attribuzioni già del Magistrato alle Acque sono trasferiti al Provveditorato», recitava la legge. Ma l’emendamento firmato tra gli altri dai parlamentari del Pd Martella, Mognato, Zoggia, Moretto, De Menech e Rubinato, prevede che un decreto da firmare entro il 31 marzo 2015 «individui le funzioni da trasferire alla Città metropolitana in materia di salvaguardia e di risanamento della città di Venezia e dell’ambiente lagunare, di polizia lagunare e organizzazione della vigilanza lagunare nonché di tutela dell’inquinamento delle acque». Non basta, perché lo stesso decreto doveva prevedere anche le risorse umane e finanziarie da assegnare alla Città metropolitana. Decreto mai fatto. «Ma perché non c’era ancora la Città metropolitana, adesso devono farlo per legge», commenta un raggiante Brugnaro.
I poteri passano così dallo Stato al Comune, compresi gli spazi acquei e i controlli in gronda lagunare. Insomma, una rivoluzione. Manca solo la firma sul decreto del premier Renzi. Questione di mesi, assicura Brugnaro, «non sarà più necessario aspettare nuove Leggi speciali o concessioni governative». Quello che già il sindaco Giorgio Orsoni aveva chiesto e mai ottenuto, alla base della campagna elettorale di Brugnaro ma anche di Casson, adesso è in vigore. Vuol dire che il Comune potrà decidere sulle sue acque, uniformare interventi e piani, avviare le bonifiche e forse incamerare anche i canoni per l’occupazione degli spazi acquei. Ma anche potenziare e uniformare i controlli per il traffico acqueo e sugli scarichi in laguna. Richieste che la città avanza da anni a tutti i governi. Risolte ora - a “insaputa” anche degli addetti ai lavori - con un piccolo emendamento.
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