Il club dei “balli clandestini” sotto il ponte di Calatrava
VENEZIA. Cosa hanno in comune le mazurke “segrete”, organizzate con il tam tam via cellulare, all’alba in Riva degli Schiavoni, in peschieria di Rialto o nel colonnato, lato stazione di Santa Lucia, vicino al ponte di Calatrava con le azioni anti-degrado in via Piave? La voglia di ballare e stare assieme. In serenità.
Giovani e meno giovani non hanno timore di unirsi per piccoli eventi e flash mob danzanti in centro storico. Lo hanno fatto in questi anni in Riva degli Schiavoni o a fianco del ponte di Calatrava, tra la curiosità di turisti e passanti. Ora, con la costante allerta sicurezza, hanno diradato gli eventi. Talvolta sono stati invitati ad andarsene per non disturbare i clienti dei grandi alberghi. Ma la passione non scema e, del resto, se un film come “Dirty Dancing”, che compie 30 anni, è tra i più visti e rivisti dal pubblico in tutto il mondo, un motivo c’è: ballare fa bene, a tutte le età.
Il mondo delle “mazurke klandestine” è quello delle danze popolari, realtà poco nota ai più ma che vede Venezia al centro di tantissimi eventi. «Abbiamo iniziato con i primi corsi, una decina di anni fa da Marghera e ora, da quasi cinque anni, li organizziamo all’auditorium Lippiello alla Cipressina», ci racconta Paolo Ticozzi dell’associazione “Luoghi Comuni”, che a Venezia organizza il festival “Venezia balla - Cerchi nell’acqua” che ora si tiene nel parco di San Giuliano.
È la stessa associazione che partecipa, con Live Arts Cultures, al progetto “AttivA(R)TI” al centro civico di via Sernaglia a Mestre che da gennaio ad aprile 2018 vedrà anche corsi di ballo e momenti di “invasione”, a passo di danza, nel quartiere Piave: dai giardini a fianco del centro civico fino al piazzale della chiesa del quartiere dove l’emergenza si chiama spaccio e degrado. «Balliamo per il gusto di farlo e di stare assieme. E a Mestre, stavolta, ci mettiamo anche la voglia di fare qualcosa per migliorare la città in cui viviamo», spiega Ticozzi, giovane professore, discendente di una notissima famiglia mestrina.
Coinvolti nel mondo del ballo popolare ci sono ragazzini che sono stati avvicinati a questi balli dai genitori ma anche quarantenni e cinquantenni che hanno voglia di imparare a sgambettare. E i corsi si sono moltiplicati in città. Oltre a quello al centro Lippiello, c’è un corso in centro storico al patronato dei Frari, attivo da almeno sei anni. Molti dei corsi sono autofinanziati e a partecipazione libera: chi arriva versa qualche euro per partecipare alle spese e impara a ballare.
Si organizzano serate di ballo anche all’auditorium del Plip di Carpenedo oppure allo spazio “Argo 16” a Marghera, in Prima zona industriale (per intenderci, l’ex Spazio Aereo). Eventi a cui arrivano a partecipare anche 200 persone per volta.
Per gli eventi spontanei, si va dalle dieci alle cinquanta coppie per volta. Ai corsi partecipano di media almeno una sessantina di persone. Poi per i concerti, arrivano persone anche dal resto del Veneto, specie per il festival che si tiene ad inizio giugno.
Altra realtà in città è il gruppo “ LaManfrina” di via Rio Cimetto che abbina al ballo anche l’utilizzo di abiti tradizionali e organizza anch’esso corsi.
Per i concerti arrivano i gruppi stranieri, più noti. Per gli eventi improvvisati, come le “mazurke klandestine”, basta un organetto, una chitarra, per fare festa. L’effetto, va detto, è diverso da quello di un rave party. Quelli sono scanditi da urla, decibel assordanti e balli, e sballi, solitari.
Con i balli folk si danza in coppia o in gruppo, con passi che sono stati recuperati da ricercatori che sono andati a caccia di anziani in giro per l’Europa per impararli. Il “bal folk”, ci spiega Ticozzi, mescola danze irlandesi, francesi, occitane, svedesi, portoghesi e basche. In coppia ci si scatena in una mazurka, in una polka o in un valzer oppure si balla tutti assieme in cerchio la “chapelloise”, lo “sbrando”, il “Rondeaux” guascone. Ancora si balla il fandango o la giga irlandese. Quelli che vedremo anche nei giardini di via Piave, strappati per qualche ora ai pusher, dai ballerini “clandestini”.
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