Il chirurgo opera a cervello aperto e il paziente è sveglio

Quella che solo fino a qualche anno fa sembrava un’utopia o comunque fantascienza, all’ospedale dell’Angelo è una realtà consolidata. Il neurochirurgo opera il paziente sveglio mentre interviene sul suo cervello con piccoli movimenti. Una delle punte di diamante dell’ospedale mestrino è proprio questa. A pensarci quasi incredibile, ma invece una pratica concreta in cui il chirurgo si trova a dialogare costantemente con il paziente che è sì, anestetizzato, ma cosciente e presente al punto da rispondere alle domande che gli vengono poste nel corso dell’operazione. «La neurochirurgia moderna ha come obiettivo non solo il trattamento delle patologie, ma anche il mantenimento di una adeguata funzione cerebrale», argomenta il dottor Franco Guida, a capo dell’unità mestrina. «Questo significa offrire a ogni paziente, specie se affetto da un tumore cerebrale, il massimo dei risultati con il minimo dei rischi, scongiurando cioè il pericolo di provocare danni neurologici aggiuntivi e permanenti». Tutto ruota attorno a un elemento cardine qual è la risonanza magnetica funzionale. Un esame che permette ai medici di individuare le zone del cervello che si attivano durante la lettura, scrittura, l’espressione di parole o frasi e l’esecuzione di movimenti, ed è in grado di definire i rapporti dei tumori con queste aree. «Grazie a questa mappatura fotografica possono essere identificate le lesioni nelle aree critiche del cervello, quelle che sovrintendono alla parola e ai movimenti», aggiunge ancora il primario di Neurochirurgia dell’Angelo. «Le tecniche chirurgiche tradizionali presentavano alti rischi di conseguenze disabilitanti dopo l’operazione. Queste lesioni sono spesso tumori cerebrali a basso grado di malignità che colpiscono persone giovani. Sarebbe un paradosso liberare il paziente dal tumore, causandogli disturbi devastanti nel linguaggio e nella mobilità». Durante l’operazione il paziente può rispondere e anche muovere gli arti facendo comprendere esattamente al neurochirurgo l’integrità delle sue funzioni verbali e motorie. Oltre al monitoraggio clinico, durante l’intervento viene praticato un controllo neurofisiologico per prevenire crisi epilettiche e identificare altre aree cerebrali potenzialmente a rischio. Il neuronavigatore, infine, che proietta sul monitor il percorso del bisturi, permette al chirurgo di sapere in ogni momento la sua posizione rispetto al tumore. «All’Angelo possiamo praticare questa tecnica, in media un intervento a settimana, perché è presente tutta la tecnologia avanzata necessaria e, soprattutto, una squadra di professionisti che consente un approccio multispecialistico», conclude il primario.
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