«Il caso Isabella ha aperto vecchie ferite»
«Sapevamo che prima o poi sareste venuti». Il 16 febbraio, quando Manuela Cacco, Freddy Sorgato, ma soprattutto la sorella Debora, sono stati arrestati con l’accusa di aver ucciso Isabella Noventa, a Saonara, tra le mura domestiche e nel cuore della famiglia Berto si è riaperta una ferita dolorosa, mai rimarginata del tutto. In via Caovilla, proprio sul fronte strada, abitano Luigi e Marisa Berto. Sono i genitori di Giuseppe, il primo marito di Debora Sorgato, morto nel gennaio del 2001 a soli 33 anni in circostanze ancora dubbie per i genitori. «L’arresto di Debora ha riaperto un capitolo drammatico della nostra vita», racconta a fatica Marisa Berto. «Da quando è morto nostro figlio l’abbiamo vista solo una volta: al funerale».
Giuseppe e Debora. Giuseppe, che di mestiere fa l’autotrasportatore, e Debora, si sposano nella parrocchia di Saonara nel settembre del 1993 e vanno a vivere in via Vivaldi, a Noventa Padovana, vicino ai genitori della donna. Stanno insieme per cinque anni, fino al 1998, quando decidono di separarsi: «Nostro figlio non ci ha mai spiegato il motivo», dicono oggi i genitori di Giuseppe, il quale dopo la separazione torna per un periodo a vivere a Saonara. «È stato con noi qualche mese, era tranquillo, non abbiamo colto nulla che non andasse». Poi improvvisamente, senza alcun motivo apparente Giuseppe scompare. «Non siamo più riusciti a metterci in contatto con lui, ricevevamo alcune telefonate di persone che dicevano di averlo visto, ma lui era sparito». A gennaio del 2001, in un garage di un condominio di Polegge (Vicenza), la polizia chiamata dai residenti, che sentivano uno strano odore nel seminterrato, trova il corpo senza vita di Giuseppe. Era dentro alla sua auto, una Fiat Uno, di fianco a lui un coltello, sui polsi i segni delle ferite, e sul sedile una lettera d’addio datata 2 gennaio 2000. L’uomo, come dimostrava anche lo stato del cadavere, si era probabilmente suicidato più di un anno prima. «Abbiamo tanti dubbi sulla morte di nostro figlio, per questo adesso chiediamo di indagare anche su questa vicenda», dice commossa Marisa Berto. «Non vogliamo fare supposizioni ma questa ferita riaperta ci porta a ripercorrere una tragedia per noi inspiegabile». Nonostante Debora fosse separata, nella lettera-testamento che Giuseppe lascia, fa riferimento all’ex moglie, oltre a un amico slavo a cui voleva lasciare l’auto in segno di amicizia.
Gianluca Ciurlanti. Dopo la separazione da Berto Debora Sorgato si mette insieme a Gianluca Ciurlanti, pregiudicato che aveva realizzato diverse rapine, che morirà in un incidente stradale nell’agosto 2002. I due vivono per un paio d’anni a San Giorgio in Bosco, dove Ciurlanti lavora anche lui come autotrasportatore: «Ha lavorato da me per tre anni, mi era stato mandato dal carcere mentre era ai domiciliari», racconta Manfredo Doro, titolare della ditta di trasporto. «Con noi si è sempre comportato bene, non ha mai creato problemi, ma loro come coppia erano temuti in paese, la gente aveva paura. Un po’ per il passato di lui, un po’ perché lei era una donna molto dura, una che usciva poco di casa, ma che sapeva il fatto suo».
Nel 2000 Debora e Gianluca si trasferiscono a Villa del Conte: «Lui aveva iniziato a lavorare in una ditta di trasporti di Sarmeola dove aveva un amico, e nonostante tutto è stato meglio così. Erano persone particolari, di quelle che è meglio perdere che trovare», conclude Doro. A Villa del Conte la coppia affitta una porzione di bifamiliare in via degli Alpini. «Sono rimasti fino a quando lui è morto. Lei, che faceva le pulizie, da sola non riusciva a pagare l’affitto. Il fratello di Ciurlanti voleva subentrare, ma noi abbiamo preferito chiudere i rapporti con quelle persone. Non che ci avessero fatto qualcosa, ma il loro passato non ci piaceva», dicono i proprietari della casa di Villa del Conte. «Comunque vedendoli Debora e Gianluca erano una coppia normale, lei quando lui è morto era disperata, e in più era incinta del figlio».
Il maresciallo. In seguito alle due relazioni finite in maniera tragica, con un figlio da allevare da sola, sostenuta solo dal fratello Freddy, Debora va a vivere in una casa acquistata proprio da quest’ultimo in via Vigonovese, a Camin. Qui conosce l’ultimo uomo della sua vita, il maresciallo dei carabinieri Giuseppe Verde. Vivono nello stesso pianerottolo. Debora con lui negli ultimi anni sembrava finalmente aver trovato la serenità, ma evidentemente solo all’apparenza. Qualcosa dentro di lei ancora non andava, qualcosa forse doveva essere ancora risolto. E forse per questo, all’insaputa del carabiniere - secondo gli inquirenti - progetta insieme al fratello e forse alla tabaccaia di Camponogara la morte di Isabella (i tre sono accusati di omicidio premeditato). Il perché, a distanza di due mesi, rimane ancora un punto interrogativo.
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